L’anniversario dell’esecuzione dei membri del PJAK, Hossein Khezri e Fasih Yasamani, da parte del regime iraniano
Negli anni precedenti, con l’obiettivo di sopprimere il popolo curdo e gli altri popoli dell’Iran che vogliono libertà, uguaglianza e giustizia, la Repubblica Islamica dell’Iran, apparentemente sotto l’applicazione della legge islamica, ha portato a termine crimini di massa. Due di questi crimini si sono verificati il 6 gennaio 2010 e 5 gennaio 2011 nel carcere di Khoy (Xoy) e Urmiye, in cui sono stati giustiziati un attivista politico e combattente per la libertà Fasih Yasamani, e un’avanguardia, di nome Hossein Khezri .
Fesîh Yasemenî, noto come Dara Kotol, tre anni e sei mesi prima dell’esecuzione, venne arrestato assieme ad altre cinque persone dello stesso villaggio – uno dei quali era suo nonno – e in seguito, al processo di Urmiye, fu condannato a morte per presunta appartenenza al PJAK (Partito della Vita Libera del Kurdistan). Fu torturato per mesi sotto il Ministero dell’Intelligence della Repubblica Islamica iraniana. Alla fine, il ventisettenne padre di due figli, Fasih Yasamani, fu giustiziato il 6 gennaio 2010. A quel tempo, i funzionari di governo avevano promesso alla famiglia di Fasih Yasamani, che sei mesi dopo l’esecuzione avrebbero potuto recuperare il suo cadavere, ma il suo corpo non è stato ancora consegnato alla famiglia.
La repubblica islamica dell’Iran mira a intimidire coloro che amano la propria patria e cercano la libertà come Fasih Yasamani, eliminando il movimento curdo per la libertà e qualsiasi attività di liberazione, ma è accaduto l’opposto. Nel corso degli ultimi cinque anni, personaggi come Fasih Yasamani sono diventati degli eroi per i curdi, e migliaia di curdi che cercano libertà, e vendetta per i combattenti per la libertà come Fasih, hanno raggiunto i monti Qandil e si sono uniti al PJAK per ribellarsi contro gli invasori.
Hossein Khezri (Hisen Xizrî), noto come Hêmin Urmiye, una sentinella del PJAK, nacque nel 1982 nella città di Urmiye, e nel 2003 diventò un attivista per i diritti civili. Il 29 giugno 2008, quando Hossein Khezri si recò a Kermanshah (Kirmaşan) per una ricerca civile, dopo una giornata passata al terminal della città, fu arrestato dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana, e dopo 49 giorni di pesanti torture nei centri di detenzione di Sepah (Esercito dei Guardiani) fu trasferito al centro di detenzione di Al-Mehdi a Urmiye. Dopo quattro mesi in isolamento, gli fu concesso di vedere i suoi genitori e il 6 Aprile 2009, Hossein Khezri venne trasferito alla prigione centrale di Urmiye. Il prigioniero politico fu processato nello stesso mese con i rappresentanti del governo, i funzionari della sicurezza e l’intelligence delle Guardie della Rivoluzione iraniana e, durante una sessione di 10 minuti nel tribunale militare, fu condannato alla pena di morte. Infine, l’emittente della Repubblica Islamica dell’Iran e alcune notizie del 15 gennaio 2011 riportarono, senza nome e profilo, che un membro del PJAK era stato giustiziato da parte della Repubblica islamica dell’Iran nel carcere di Urmiye.
Da allora, le autorità giudiziarie iraniane hanno dato informazioni errate al suo avvocato e alla sua famiglia, riguardo alla data e all’ora dell’esecuzione di Hossein Khezri, e ancora non è chiaro quando Hossein Khezri è stato giustiziato. Tuttavia, secondo gli altri prigionieri che erano con lui in carcere, Hossein Khezri fu giustiziato la mattina del 6 gennaio 2011, nell’anniversario della morte dell’attivista politico e difensore della libertà Fasih Yasamani, che era stato giustiziato l’anno precedente nel carcere di Khoy.
Hossein Khezri in una sua lettera dal carcere riferì delle discriminazioni che le autorità iraniane riservavano ai prigionieri politici curdi. Hossein Khezri menzionò nella lettera la sua situazione, dove fu sottoposto a pesanti torture per otto mesi, in isolamento nei carceri di Kirmaşan e Urmiye, e scrisse dei processi iniqui nei tribunali del regime. Hossein Khezri affermò di aver riferito al giudice del tribunale delle confessioni che erano state messe sotto processo, o il caso che avevano montato su di lui che lo aveva costretto a dire quello che volevano a seguito di pesanti torture, e che lo aveva costretto a firmare la confessione, il che era ingiusto e iniquo e persino vietato ai sensi dell’articolo 38 della costituzione, “Ma non hanno ascoltato le mie parole né l’approvazione dei medici che hanno confermato la tortura da parte delle autorità carcerarie. Nel mio processo durato dieci minuti, con l’accusa di Moharebeh o inimicizia con Dio, senza il diritto di avere un avvocato, sono stato condannato a morte. Sono stato accusato di essere il nemico di Dio, mentre io non svolgevo altre attività diverse da quelle sociali e politiche, e non ero armato al momento dell’arresto, per questi motivi, l’affermazione del giudice della mia inimicizia con Dio non è fondata”. Hossein Khezri venne arrestato spesso e senza motivo, e tenuto in centri d’isolamento dalle guardie di sicurezza iraniane.
Ali Khezri, il padre di Hossein Khezri si era inoltre recato all’Ufficio dell’Intelligence per avere notizie sulla sorte di suo figlio, ma dopo gli insulti e le ingiurie da parte delle guardie di sicurezza iraniane intuì che suo figlio era stato giustiziato, e per questo, Ali Khezri ebbe un attacco di cuore e perse la vita.
L’esecuzione di Hossein Khezri ha generato proteste diffuse contro il regime iraniano in tutto l’Iran e in alcuni paesi europei. Per il Popolo curdo e il Partito della Vita Libera del Kurdistan (PJAK), Hossein Khezri con la sua continua resistenza, e Farzad Kamangar e gli altri compagni detenuti in carcere, rappresentano un simbolo.