La rivolta in Iran è la rivoluzione democratica dei popoli
In un’intervista con l’agenzia stampa ANHA Co-Presidente della “Società Libera a Democratica del Kurdistan Orientale“ (KODAR), Zilan Tanya, ha risposto a domande sulle proteste della popolazione in Iran che dal 29 dicembre 2017 continuano in diverse città.
Il 29 dicembre 2017 nel Kurdistan orientale e in Iran sono iniziate azioni di protesta che si sono estese a molte città. Qual è la ragione di queste proteste?
Questa rivolta è iniziata per ottenere libertà e diritti fondamentali. La situazione in Iran e in Kurdistan orientale è una prosecuzione della rivolta regionale. Inoltre la rivolta è il risultato della politica dei 38 anni di regime iraniano. In tutti questi anni l’Iran si è imposto attraverso una dittatura centralista fascista. Il regime ha cercato di imporre alla società la propria mentalità in tutti gli ambiti e di trasformarla in una cultura della società. L’attuale rivolta è nata per protesta contro la mentalità fascista che va contro le richieste, le idee e la vita delle persone. Possiamo osservare che il regime al potere limita la società nella sua libera volontà. La società ha ripetutamente dato opportunità al regime ed è insorta. Ma il regime al governo non ha fatto neanche un passo per andare incontro alle persone. Nonostante le promesse le aspettative della società non hanno avuto soddisfazione.
La società in Iran è una società consapevole e ha ripetutamente espresso in modo aperto le sue richieste. Dato che il regime non fa un passo per andargli incontro, le reazioni della società sono legittime e giuste. Bisogna sostenere questa reazione della società. Questa rivolta è una rivolta per la democrazia e contro il fascismo e la dittatura.
La rivolta assomiglia alla „primavera araba“? Che differenze ci sono?
Negli ultimi anni siamo diventati testimoni di trasformazioni fondamentali in Medio Oriente. In molti Paesi, in particolare nei Paesi arabi, ci sono state insurrezioni popolari contro i sistemi fascisti e dittatoriali. Queste insurrezioni hanno raggiunto il livello di rivoluzioni e portato con sé molti cambiamenti. Le rivolte sono collegate tra loro. L’Iran non è stato colpito da alcuna rivoluzione e lì finora non ci sono stati cambiamenti. Per questo la società svolge i propri compiti per la democrazia. Noi possiamo dire che i risultati in Iran sono una continuazione della fase di democratizzazione e delle rivoluzione in Medio Oriente. La fase in Iran è la fase della rivoluzione democratica delle società in Iran.
Se in un Paese si verifica una rivoluzione, i governanti lamentano il ruolo di forze esterne. Anche il regime iraniano lo ha fatto. Questa dichiarazione del regime iraniano, quanto coincide con la realtà?
La situazione attuale è collegata alla situazione interna, soprattutto con la politica e la mentalità del regime iraniano. Il regime si appoggia al confessionalismo e impone alle persone a una confessione, una lingua, una cultura e una bandiera. Il regime iraniano ha negato la pluralità delle società in Iran e adottato un genocidio bianco. Inoltre ha affamato la gente. Il regime in Iran ha negato la cultura, i valori, l’identità e la volontà della società. Ha impiccato e assassinato personalità democratiche e intellettuali. Il regime con queste misure intendeva mettere in ginocchio la gente e intimidirla con ordini. Ma la società in Iran ha una coscienza storica e filosofica. Per questo chiede libertà e si impegna per la loro identità e cultura millenarie. Anche all’esterno ci sono azioni di protesta contro i sistemi dominanti nel Medio Oriente. L’Iran è uno di questi sistemi. Per questa ragione si vedono interventi dall’esterno. Tutti sanno che l’Iran è sotto un embargo economico. I sistemi al governo cercano sempre di levare l’aria alle rivoluzioni e collegano la rivoluzione popolare con forze esterne. Con questo cercano di giustificare e legittimare la loro pratica contro la politica e la cultura. Ma il regime iraniano non può proteggersi dalle conseguenze della sua politica con la retorica. La situazione economica e sociale e la repressione politica sono le ragioni principali per proteste. Noi vediamo che la società è scesa in strada per questi motivi e chiede libertà anziché dittatura.
Gli attivisti portano striscioni con la scritta “Lascia la Siria e il Libano e ascoltaci”. Che tipo di messaggio si vuole dare?
Negli anni passati sono state presentate sia azioni di protesta che progetti per la democratizzazione dell’Iran. Movimenti democratici come il PJAK (Partito per una Vita Libera in Kurdistan) e KODAR hanno presentato in accordo con le società in Iran e con la loro pluralità progetti per una soluzione democratica. Ma il regime iraniano ha combattuto questi progetti e non ha fatto alcun passo in direzione di una soluzione. Il regime iraniano nel 2010 quando sono iniziati i più recenti cambiamenti in Medio Oriente voleva mettere in pratica il progetto della “mezza luna sciita“. In questo modo voleva sviluppare la propria posizione nella regione e far rivivere il periodo dell’imperialismo. Per questo l’Iran voleva mettere in pratica la sua politica contro altri Paesi. Ha preso le distanze dai problemi interni e si è impegnato per progetti esterni. Invece di dare ascolto ai problemi della gente,la società dell’Iran è stata sacrificata per progetti fuori dal Paese. Ovviamente la società ha il diritto di punire il regime e di chiedere democrazia e cambiamenti. Ha anche il diritto di mettere in discussione la politica che l’Iran porta avanti in nome della società iraniana. Negli slogan durante le proteste viene chiesta la fine della politica che il regime fa fuori dal Paese. La gente chiede la soluzione dei problemi interni. Al regime non serve a niente mettere le azioni in collegamento con forze esterne. Il regime iraniano ha perso la sua occasione. Il messaggio è che il popolo punirà i responsabili iraniani per la loro politica estera. Questa è la rivendicazione centrale nelle azioni e prima o poi costringerà il regime iraniano ad agire.
Perché le azioni sono iniziate in grandi città come Mashhad che è uno dei centri politici dell’Iran?
I grandi centri sono i luoghi strategici nei quali viene decisa la politica in Iran. Il regime iraniano si fonda su queste città. I problemi secondo il regime sono arrivati da altre città. L’inizio dell’insurrezione popolare in queste città mostra che la politica del regime è fallita. Per questa ragione la azioni protesta in città come Mashhad, Ghom e Teheran in Iran hanno un grande effetto. Mostra che l’aspirazione del regime di far passare la sua mentalità in queste città è andata a vuoto. La richiesta di dimissioni di Rohani e il fatto di dare fuoco a ritratti di Khomeini e Khamene’i significa che l’unica soluzione è un cambiamento fondamentale delle condizioni iraniane.
Cosa si può fare per la democratizzazione dell’Iran se le azioni in Iran dovessero continuare?
La fase iniziata è significativa sotto ogni punto di vista. È collegata sia alle condizioni interne che a quelle esterne dell’Iran. Per questo questa situazione va osservata con attenzione. Lo Stato deve prendere sul serio le richieste della popolazione avviare un cambiamento in direzione della democrazia. In tutti gli ambiti, per primo nella Costituzione, vanno fatti dei passi. Lo Stato deve entrare in un dialogo con rappresentanti curdi e iraniani e creare le basi per un cambiamento politico. Senza dubbio siamo al fianco delle società nel Kurdistan orientale e in Iran. Ideologicamente, politicamente e socialmente siamo pronti a tutto perché le persone possano ottenere i propri diritti e siamo anche in grado di presentare progetti di soluzione democratica. Il nostro obiettivo primario è un Iran democratico e e la fondazione di un Kurdistan democratico e libero. Seguiamo la situazione da vicino e a seconda degli sviluppi definiremo la nostra posizione passo per passo.
Zilan Tanya, Co-Presidente della “Società Libera a Democratica del Kurdistan Orientale” (KODAR), sullo scenario e le prospettive delle attuali proteste in Kurdistan orientale e in Iran;