Il manifesto per la ricostruzione
Definire un piano per una città democratica ed ecologica, che risponda ai bisogni sociali e psicologici della sua popolazione. Questo è quanto è stato fatto nei due giorni di Conferenza dedicata alla ricostruzione di Kobanê e che ha visto la partecipazione di centinaia di delegati da tutto il mondo, segno che l’esperienza di lotta e resistenza curda meritano il rispetto e riconoscimento della comunità internazionale.
Ma questo processo di programmazione non può prescindere dal coinvolgimento degli amministratori cantonali e dalla partecipazione di quelle parti di popolazione più colpite dalla guerra.Molto deve essere fatto. Ricostruire Kobanê significa ridare una casa alle migliaia di rifugiati, mettere in sicurezza abitazioni e attività commerciali, bonificandole dalle mine di cui l’Isis le ha cosparse durante l’assedio.
Per fare in modo che i cittadini possano tornare progressivamente alle proprie vite, è necessario ripristinare la rete idrica e la corrente elettrica. Ma il piano degli aiuti deve fronteggiare prioritariamente la carenza di cibo: Kobanê oggi ha ora solo il 15-20% dei campi dotato di acqua irrigante e gli allevamenti di animali sono stati per la maggior parte sequestrati.
È fondamentale quindi in questa fase l’apertura di un corridoio umanitario che consenta la fornitura di materiale medico e aiuti, oltre all’approvvigionamento di servizi di base e alla riedificazione delle infrastrutture, indispensabili per affrontare il rientro dei rifugiati.
Va anche considerato che la città di Amed è militarizzata: il governo turco fa la sua campagna elettorale a suon di repressione, l’esercito sta facendo irruzione in diverse sedi vicine al movimento curdo, da quelle dell’HDP a quelle del DBP. Il supporto internazionale alla ricostruzione di Kobanê e al popolo curdo assume dunque un particolare significato in questo momento politico delicato, a pochi giorni dalle elezioni politiche turche del 7 giugno.
Lasciamo le conclusioni alle parole del delegato europeo che rappresenta quanti in Europa stanno lavorando per la ricostruzione della città.
“Ciò che è emerso con determinazione durante la conferenza è che ci troviamo di fronte a un popolo estremamente forte ed è stato davvero significativo che fossimo in molti qui da tutto il mondo in questo particolare momento storico per progettare insieme la ricostruzione di Kobanê.
In questi giorni abbiamo anche preso delle decisioni molto importanti sul piano pratico che ci hanno permesso di individuare le prospettive future per la città. Per esempio, abbiamo formato un coordinamento di 15 persone che continueranno il lavoro, raccogliendo idee e progetti, promuovendo iniziative e attivando risorse. Di questi 15 componenti, 5 appartengono al Cantone di Kobanê, 2 sono delegati europei, 3 provengono dal Kurdistan turco, 3 da quello iracheno e 2 dal quello iraniano.
Centrale per noi durante la Conferenza è stato pensare a che tipo di Kobanê vogliamo vedere rinascere, che tipo di città dovrebbe tornare a essere: lo abbiamo chiesto ai cittadini e alle cittadine. Vogliono una città che sia ecologica e sociale, una comunità in cui tutti possano riconoscersi e sentirsi partecipi, che rappresenti la storia, la cultura e i colori del suo popolo: questa conferenza ha avuto il merito di dichiarare come responsabilità di tutto il mondo dare una risposta a questi bisogni.
Una parte della città resterà distrutta, un monito perché l’umanità sappia quanto è successo, un monumento perché il mondo conosca contro quale mostruosità ideologica si è battuta la città di Kobanê, un museo a cielo aperto per celebrare lo spirito di lotta e la resistenza del popolo curdo”.
Lasciamo Amed e la Conferenza con il cuore pesante ma consapevoli che la ricostruzione del Rojava sarà il primo passo per la realizzazione di un progetto confederativo fondato sulla cooperazione, sul mutualismo, sul pensiero ecologico, sulla promozione sociale degli individui e l’autodeterminazione delle donne.
Gianluca Peciola, Claudio Marotta, Amedeo Ciaccheri