Kurdistan, andata e ritorno: il viaggio della delegazione alessandrina nelle terre kurde
Dodici giorni intensi tra le terre di Mesopotamia, le città del petrolio, campi profughi, ospedali in costruzione, scuole e poliambulatori Emergency. È la storia che dal 27 settembre all’8 ottobre hanno vissuto Antonio Olivieri e Lucia Giusti dell’Associazione Verso il Kurdistan di Alessandria insieme a una delegazione italiana composta da 13 persone.
Un viaggio nel ‘cuore’ del Kurdistan meridionale a scopo umanitario che i due alessandrini hanno compiuto per vedere con i propri occhi come effettivamente vivano i Kurdi, qual è realmente la posta in gioco del conflitto in Kurdistan e, per consegnare in prima persona gli aiuti economici necessari al completamento dei lavori per la realizzazione di un’ospedale nel campo profughi di Makhmur, in mezzo al deserto iracheno. Un progetto dal valore di 55.000 Euro realizzato dall’Associazione Verso il Kurdistan per curare i guerriglieri feriti e la cui ultima tranche (10.000 Euro raccolti con fondi e banchetti solidali in città), contrariamente alla destinazione iniziale, è stata impiegata per l’acquisto urgente di farmaci e kit sanitari. Sono 13 mila infatti i profughi che dal 1998 sono fuggiti dai villaggi di confine del Kurdistan turco, bombardati dall’esercito e che oggi popolano Makhmur, riconosciuta recentemente come municipalità e situata in una zona di guerra a 40 Km da Mossul.
Dopo aver consegnato gli aiuti la delegazione si è diretta a Kirkuk, definita la Gerusalemme kurda, nonché la città più importante dell’Iraq per incontrare i guerriglieri dell’Hpg, formazione armata del Pkk, chiamata mesi fa a difendere la città sulla linea del fronte contro Daesh. Il viaggio ha fatto poi tappa al campo profughi di Barika, zona di Arbat vicino a Sulajmanijak, dove sono rifugiati 8 mila profughi siriani sfuggiti a bombe e distruzione e ha permesso ai due membri dell’associazione di visitare il poliambulatorio gestito da Emergency e la scuola del campo che ospita 1500 bambini.
In seguito, Antonio Olivieri e Lucia Giusti hanno incontrato i partiti e movimenti della società civile kurda siriana, il Pyd e il TevDem, che hanno raccontato le difficoltà che incontra la realtà autogestita dei tre cantoni del Rojava (Kurdistan siriano), oggi sotto embargo e sotto attacco dei turchi.
A Erbil, invece, capitale del Kurdistan iracheno, la delegazione ha incontrato un rappresentante del Knk (Congresso nazionale Kurdo), che ha parlato del recente attacco a Mossul, città dove ora si trovano anche due kurdi ma alessandrini “d’adozione”. Due fratelli di Halabja che dopo aver trascorso la loro adolescenza in Kurdistan e vissuto il difficile momento dei bombardamenti con armi chimiche nel 1988, hanno deciso di abbandonare la loro terra e scappare in Germania per poi trasferirsi in Italia, ad Alessandria. Il più giovane dei due si trova a Mossul per lavorare come cuoco per le truppe italiane alla diga di Mossul mentre il più grande, si è arruolato nell’esercito dei riservisti, i Peshmerga, per combattere l’Isis nella cittadina kurda.
“La guerra per la conquista di Mossul riguarda tutto l’Iraq. Mossul e tutta l’estesa provincia di Ninive sono come un giardino fiorito di popoli, etnie, religioni, che non ha pari in tutto il Medio Oriente. L’interventismo di Erdogan in Iraq e in Siria punta alla conquista di territori, tenta una riedizione dell’Impero Ottomano”, ha dichiarato alla delegazione uno dei rappresentanti del Congresso nazionale Kurdo. “Per questo mira a creare un’inimicizia tra le varie etnie, tra sciiti, sunniti e kurdi, per indebolirli. La Turchia non pensa tanto a Mossul, ma a come intervenire laddove ci sono le basi dei guerriglieri del Pkk, sui monti Qandil. Vogliono perpetrare un massacro a Qandil, com’è avvenuto nello Sri Lanka con le Tigri Tamil. Per questo, la guerra non si concluderà con la sconfitta dell’Isis, ma proseguirà nei prossimi anni. Sarà una guerra lunga e sanguinosa” ha concluso.
Proprio i monti Qandil, catene montuose ornate da boschi e foreste al confine con Iraq, Turchia e Iran, sono stati l’ultima tappa del viaggio nel Kurdistan Bashur. In quest’ultima area che abbraccia 61 villaggi sparsi sulle montagne, la delegazione ha visto gli effetti delle bombe turche sul villaggio di Zargaly dove pochi mesi fa i bombardieri di Ankara hanno fatto strage di civili.
di Lorenzo Malvicini, radiogold