Kobane è libera, Kobane ha vinto!

Dopo oltre 134 giorni di resistenza le milizie curde di Kobane hanno finalmente liberato la città dalle bande dei tagliagola dell’Isis. Si tratta di un successo importante, ottenuto nonostante la disponibilità di armamenti ben peggiori di quelli in mano ai terroristi, sostenuti dall’esercito turco che ha operato il blocco di volontari e rifornimenti.

Una grande vittoria per una vicenda cui ho dedicato parecchi post, denunciando il pericolo, fortunatamente ora sventato, di un massacro, sottolineando la portata universale della resistenza di Kobane ) e la necessità di non dimenticarsene. Mi piace qui ricordare anche il disegnatore ZeroCalcare che ha dedicato a Kobane uno stupendo albo a fumetti allegato agli ultimi due numeri di Internazionale.

Quali insegnamenti si possono trarre da questa eroica resistenza? Soprattutto che il terrorismo, saldamente unito alle mafie, può essere sconfitto sulla base di una mobilitazione cosciente e democratica del popolo armato.

L’Isis, oltre ad essere un gruppo terrorista fondamentalista che si ispira al peggiore islamismo wahabita, costituisce un gruppo criminale che dispone di quantità enormi di fondi ottenuti attraverso il contrabbando di petrolio, il traffico di esseri umani, specie donne ridotte in schiavitù e vendute al migliore offerente (su Internet è possibile consultare appositi listini dei prezzi), pezzi di patrimonio culturale che finiscono a caro prezzo nelle collezioni di qualche ricco nababbo occidentale, sequestri, sottoscrizioni operate soprattutto in Arabia Saudita, Qatar e Turchia con la connivenza, quando non addirittura il diretto contributo attivo, degli apparati di questi Stati.
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In quanto gruppo al tempo stesso mafioso e terrorista l’Isis, al pari di gruppi analoghi operanti in altre parti del mondo, ad esempio Boko Haram, prospera grazie al vuoto istituzionale determinato dalle politiche di intervento militare occidentale e al soffocamento economico operato dalle politiche di aggiustamento strutturale delle istituzioni finanziarie internazionali.

Il secondo insegnamento da trarre dalla resistenza di Kobane riguarda quindi la necessità di un’alternativa al terrorismo fondamentalista e mafioso che sia sociale, economica e culturale. Non è un caso che l’amministrazione di Kobane e di tutta la regione della Rojava si ispira all’autogestione democratica e al controllo delle risorse da parte delle autorità locali, contro il regime di rapina portato avanti dai tagliagola vestiti di nero come dalle multinazionali.

Questo discorso riguarda da vicino anche l’Europa dove il fondamentalismo può trovare spazi grazie alla politica di smantellamento delle politiche sociali e di integrazione. Si pensi che perfino il ministro degli Interni francese Valls ha parlato chiaramente, dopo le stragi del 7 ed 8 gennaio, dell’esistenza nelle periferie francesi di veri e propri ghetti e di un apartheid territoriale, sociale ed etnico. Il terrorismo si nutre di emarginazione sociale che va sconfitta attribuendo un ruolo di integrazione al pubblico e alla società civile organizzata.

Per tali motivi Kobane, oggi vittoriosa contro i fondamentalisti terroristi dell’Isis, rappresenta un esempio da studiare attentamente e da sostenere fino in fondo. Occorre aprire, contro le resistenze dei turchi, che si sono resi colpevoli di vari crimini internazionali, un corridoio umanitario e consentire l’afflusso di beni di prima necessità, mezzi e volontari. Va altresì respinto il tentativo di criminalizzare coloro che, come il dirigente del Labour australiano Matthew Gardiner, rischiano oggi in patria pesanti pene detentive per essersi battuti al fianco dei resistenti curdi.

È anche urgente aprire un’inchiesta internazionale sull’Isis e sul sostegno ai terroristi da parte di Turchia, Arabia Saudita e Qatar, colpendo con precise sanzioni tutti coloro che in qualche modo portino sostegno ai fasci- islamisti.
Bisogna invece, e questo è il terzo fondamentale insegnamento da trarre da questa vicenda, riconoscere come legittimo interlocutore ed alleato il Pkk, che insieme alle milizie locali dell’Ypg e dell’Ypj ha combattuto l’Isis con successo, costringendo infine i tagliagola ad evacuare la zona sotto la protezione delle forze turche.