IRAQ. Makhmour, il campo resistente
Il campo di Makhmour è sempre stato un bersaglio di attacchi da parte di tante diverse forze ostili alla sua esistenza. (1)
“Makhmour rappresenta il cuore dell’esilio del popolo curdo, è il popolo in cammino verso la sua liberazione, è l’esodo in un deserto da dove, prima o poi, si giungerà alla terra non promessa, ma voluta e conquistata, ed infine, è la testimonianza suprema della volontà di vita degli uomini.”
Makhmour si può considerare, ora, come una piccola città, abitata da circa 14.000 persone, fuggite a piedi, dopo l’incendio dei villaggi curdi sulle alture del Bohtan dalla Turchia nel 1994. Un viaggio attraverso 7 esodi, per arrivare infine in questo deserto, nel 1998, dove si sono insediate su un terreno assegnato dall’Iraq all’Onu. Provengono tutti dal Kurdistan del nord, da Hakkari, Sirnak e Van. Si erano rifiutati di lavorare per lo Stato turco come guardiani dei villaggi.
A Makhmour si trova il Centro culturale gestito da un Comitato dell’Assemblea Culturale. L’attività principale è il canto tradizionale. La storia curda è sempre stata raccontata attraverso il canto. Ogni avvenimento, anche il più cruento, veniva raccontato attraverso le canzoni. Le origini delle canzoni provengono dal Bohtan, una regione montana turca a sud-est dell’Anatolia, dove il capitalismo non ha trovato terreno fertile, mantenendo così una tradizione della cultura curda viva e non contaminata.
Makhmour è ufficialmente sotto la responsabilità del governo centrale iracheno, ma in realtà non riceve nessun aiuto da parte di Baghdad. Da maggio 2018 anche le Nazioni Unite hanno cessato ogni sostegno alla popolazione del campo, causa le pressioni della Turchia e del PDK (Partito Democratico del Kurdistan), che ha come obiettivo, la volontà di voler sciogliere il campo disperdendo i suoi abitanti. Per questo Makhmour si trova sotto totale embargo da agosto 2019.
All’interno del governo regionale curdo, specialmente da parte del Pdk, ci sono state, negli ultimi tempi, richieste affinché tornassero i Peshmerga, nelle zone intorno a Makhmour, nonostante questi siano fuggiti dalla regione nel 2017 durante gli attacchi dell’Isis lasciandola poi alle milizie Hashd al-Shaabi. In questo modo, le forze dell’Isis, con il supporto logistico dello Stato turco e del Pdk, stanno di nuovo tornando ad imporsi nella regione. Per questo, il Presidente della regione del Kurdistan dell’Iraq, Nechirvan Barzani ha chiesto la costituzione di una forza congiunta di soldati iracheni, Peshmerga e della coalizione internazionale, contro gli attacchi di Isis. Uno dei motivi di maggiore preoccupazione della popolazione del campo è proprio questo possibile ritorno dei Peshmerga perché potrebbe consentire alla Turchia e al Pdk, il loro annientamento.
Gli abitanti di Makhmour hanno sempre cercato di risolvere i propri problemi da soli, mettendo in pratica l’ideologia socialista elaborata dal loro leader curdo “Apo” Abdullah Ocalan, che si trova ancor’oggi dal 1999, in totale isolamento sull’isola-carcere di Imrali in Turchia a sud del Mar di Marmara. In questi 23 anni sono sopravvissuti a tante persecuzioni ed hanno costruito questa città con case, scuole, poliambulatori, centri culturali, spazi giovanili, centri per le donne, centri di comitati e un’amministrazione municipale. Un “sistema società” organizzato mettendo in pratica il Confederalismo Democratico. Il loro obiettivo è quello di superare il capitalismo e fondare un socialismo democratico che abbia al suo centro, oltre all’equa distribuzione delle risorse, la tutela dell’ambiente e l’emancipazione della donna.
Gli attacchi a Makhmour sono quindi dovuti alla paura che questo modello di autogestione possa influenzare anche gli altri popoli della regione, ma anche per eliminare i guerriglieri del Movimento di liberazione del Kurdistan. Le forze turche hanno attaccato il campo diverse volte: il 13 dicembre 2018 uccidendo quattro civili e il 14 aprile 2020 uccidendo tre giovani donne.
Makhmour e Shengal, dal mese scorso, sono considerati dai turchi possibili bersagli di futuri attacchi. La ragione, non è solo per la particolarità della loro gestione, ma anche per la posizione strategica in cui si trovano.
Il campo di Makhmour si trova ai piedi del monte Karacox, vicino a popolazioni arabe e a pari distanza da tre importanti città: Mosul, Kirkuk, Erbil. Se si prendono in considerazione i numerosi progetti avviati a livello internazionale, si può facilmente comprendere l’importanza che assume Makhmour, anche e soprattutto, perché si trova in prossimità di aree che fanno parte del progetto cinese di una “nuova Via della Seta” e di una linea ferroviaria pianificata dalla Turchia, che rientra nei piani di occupazione neo-ottomana nella regione.
Il 13 maggio scorso, il ministro della Difesa turco ha pubblicamente minacciato attacchi contro Makhmour e Shengal. Il 1 giugno, anche il Presidente turco Recep Erdogan, sul canale televisivo di stato TRT, ha minacciato l’Iraq di nuovi attacchi, affermando che la Turchia “ripulirà” il campo profughi di Makhmour, riconosciuto dall’UNHCR, a 180km a sud della Turchia.
In un contesto come questo, la delegazione italiana composta da 17 persone, tra giornalisti, fotografi, fumettista e operatori umanitari dell’Associazione “Verso il Kurdistan” di Alessandria, dopo essere stata a Shengal nel nord Iraq, sul confine con la Siria, ha provato a raggiungere, come ultima tappa, il campo profughi di Makhmour.
L’Associazione Verso il Kurdistan opera da anni in questo campo attraverso vari progetti umanitari. L’obiettivo di questo viaggio era quello di portare alcuni aiuti per i bambini da sindrome di down dell’Hevi Center di Makhmour.
Questo viaggio è stato particolarmente difficile e complicato. La situazione, rispetto al 2019, è molto peggiorata e la lunga mano della Turchia si fa sentire in modo schiacciante! Lo confermano anche alcuni rappresentanti del partito HDP di Erbil:“Da due anni, non viene concesso, a chi arriva dalla Turchia, nessun asilo politico e va considerato anche che sul territorio iracheno, le 36 basi militari turche ora sono diventate circa 100. Senza quelle segrete. Inoltre, è ormai accertato, che tutti gli alberghi, sono presidiati dai servizi segreti turchi.”
Eravamo a conoscenza che entrare a Makhmour sarebbe stato molto difficile, nonostante avessimo sul passaporto il visto del Governo centrale di Baghdad e per questo, abbiamo deciso di partire da Erbil con direzione Makhmour, con la speranza di aggirare il problema. Arriviamo quasi alla fine, dopo aver attraversato 23 checkpoint, vicini al campo. L’ultimo controllo da parte dei soldati dell’esercito iracheno.
Controllano i passaporti e, per la prima volta, anche alcune valigie delle nostre tre autovetture. Sono interessati specialmente ai farmaci. Inizia una lunga attesa. Dobbiamo aspettare la risposta di un loro superiore. La risposta è negativa: “Non potete passare!” Alle nostre numerose proteste, la milizia irachena risponde che se vogliamo entrare, loro devono essere presenti per tutto il tempo della nostra permanenza. Cambiamo proposta: chiediamo di poter incontrare un gruppo di abitanti del campo per un pranzo al ristorante nella città di Makhmour. Ancora la stessa pretesa. A questo punto, rifiutiamo l’offerta. Anche perché questo rifiuto imposto alla delegazione italiana, rappresenta il primo caso di respingimento per il campo di Makhmour, da parte del governo centrale iracheno.Incontriamo, quindi, una delegazione del campo con la presenza del sindaco di Makhmour, sul piazzale del checkpoint sotto un sole cocente, dove leggiamo il nostro documento di denuncia per quest’azione illegale che presenteremo ad un tribunale iracheno.
“Oggi 1 giugno, al posto di blocco delle milizie irachene, sulla strada che porta al campo di Makmour, la nostra delegazione che era diretta al campo per portare aiuti umanitari, ha ricevuto un secco rifiuto dal comandante del posto di guardia, nonostante avessimo i documenti in regola con tanto di visto del governo iracheno.La pretesa della milizia era quello di accompagnare la delegazione all’interno del campo per tutto il tempo della permanenza. Non solo. Alla nostra richiesta di poter incontrare un gruppo di abitanti del campo per un pranzo al ristorante (!), ancora la stessa pretesa: la presenza al ristorante dei militari iracheni!Tutto questo si configura come un atto pretestuoso e privo di fondamento giuridico, dunque totalmente illegale, che, peraltro, viola la sensibilità umanitaria.Per questo, onde evitare il crearsi di un precedente pericoloso, insieme ai responsabili del campo di Makhmour, abbiamo opposto un netto rifiuto a questo genere di ricatto.La delegazione si riserva di ricorrere legalmente.”
Dopo la lettura della nostra dichiarazione, ascoltiamo le parole di un rappresentante del campo di Makhmour. Le sue parole sono di denuncia per i due anni di duro embargo e per una situazione sanitaria molto difficile, sia per il Covid (contagiate più di un centinaio di persone) che per malattie croniche che non possono essere curate. Condanna il comportamento del governo iracheno nei confronti di una delegazione straniera che con spirito umano voleva solo portare aiuti ad una popolazione in difficoltà. Cita anche l’Accordo siglato dal governo regionale del Kurdistan con il governo iracheno di Baghdad del 9 ottobre del 2020. Si tratta di un accordo fatto su Makhmour e Shengal, per mettere fine all’ingerenza di gruppi esterni, facendo riferimento al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), la cui presenza non è ben vista da Erbil. Perché, si chiede il rappresentante del campo, in Iraq è possibile andare in ogni città, mentre invece non si può raggiungere solo Makhmour e Shengal? La delegazione italiana è stata così testimone di quello che succede in questa regione.
Al termine di queste dichiarazioni, la delegazione italiana consegna un migliaio di mascherine anticovid e quanto raccolto per il progetto “Hevi Center” per i bambini con sindrome di down e affetti da altre gravi malattie. Ci salutano portando la mano sul cuore con la frase “Ser ciava” che significa “ti porto nel cuore”. E’ un augurio, una promessa a ricordarti per sempre. Speriamo di poter tornare!
Purtroppo, poco dopo essere rientrati a casa, ci raggiunge la terribile notizia che Erdogan ha mantenuto la promessa. Il 5 giugno alle 13:55 ora locale, è iniziato l’attacco sul campo di Makhmour da parte della Turchia. Un drone ha colpito la parte anteriore del Martyr Aryen Park, un’area frequentata ogni giorno da centinaia di persone e un parco giochi per bambini. In questa zona si trovano anche le scuole del Makhmour Camp. Sul terreno restano 3 morti e numerosi feriti. Erdogan, con questo nuovo bombardamento, ha violato, ancora una volta, il diritto internazionale oltrepassando i confini della Regione Federale del Kurdistan iracheno. Nena News
di Mirca Garuti alkemianews
Nena News