Fortemente ridotto il potere d’acquisto
Visite alla redazione di jW: sindacalista turco racconta della lotta contro il crescente costo dei generi alimentari. Un colloquio con Seyit Aslan
Insieme ad altri rappresentanti sindacali avete fatto un viaggio in Germania a partire dalla fine di novembre. Con quale obiettivo si è unito alla delegazione?
Tra la Germania e la Turchia da anni ci sono buone relazioni. Entrambe le parti non vogliono mettere in pericolo i propri interessi. In Turchia ci sono oltre 7.200 imprese che appartengono al capitale tedesco in modo diretto o attraverso partecipazioni. Tra queste ci sono grandi aziende di Siemens, Bosch, Haribo, Mercedes. A fronte di questa collaborazione è urgente che collaboriamo anche noi come sindacati.
I sindacati tedeschi come possono sostenere la lotta in Turchia?
Noi chiediamo ai colleghi tedeschi di essere solidali con i lavoratori che lottano per i loro diritti. Possono esercitare pressioni sui grandi gruppi che producono in Turchia, ma che lì non si attengono alle leggi locali. Molti lavoratori vengono licenziati anche per la loro appartenenza a un sindacato. Aziende estere, tra loro anche molte imprese a partecipazione tedesca, stanno al gioco.
Quali categorie professionali sono organizzate nella Gida-Is?
Noi rappresentiamo i lavoratori nell’industria alimentare. Si tratta della produzione di carne, latte, birra, conserve di pomodoro e così via. Tra i nostri iscritti ci sono anche magazzinieri.
Che tipo di organizzazioni dei lavoratori ci sono in Turchia?
Ci sono tre grandi confederazioni sindacali, in parte con oltre 30 organizzazioni affiliate. Complessivamente in queste confederazioni si trovano circa 80 sindacati. C’è lo Hak-Is sostenuto dal governo dell’AKP. Prima del 2002 lì era organizzato lo 0,6 percento degli iscritti, ora sono oltre il 50 percento. Nelle imprese statali i dipendenti sono costretti a iscriversi a Hak-Is. Poi c’è Türk-Is che per anni ha sostenuto il governo dell’AKP in modo quasi acritico. Dopo il fallito tentativo di golpe dell’estate 2016 e lo stato di emergenza proclamato in seguito, sono diventati più riservati. La confederazione DISK, nella quale siamo organizzati noi, attualmente è l’unica opposizione sindacale. Infatti per questa ragione la collaborazione tra le tre confederazioni ai livelli alti non funziona.
Quali conseguenze ha la caduta della Lira turca per il suo lavoro?
Il crollo rispetto al dollaro USA e all’Euro ha fortemente ridotto il potere d’acquisto delle persone, anche fino al 50 percento. Prima il salario minimo era pari all’equivalente di 355 Euro. Ora è a 260 Euro. Il tasso di inflazione ufficiale attualmente è del 20 percento, in realtà si trova almeno al 30 – 40 percento. Alcuni alimenti in particolare in Turchia sono abbastanza scarsi. Cipolle, pomodori, patate o banane che prima potevamo comprare per un Euro, ormai costano 2 Euro o 2,50.
E in che situazione sono in profughi di guerra nel mercato del lavoro turco?
Attraverso le guerre in Siria e in Afghanistan sono arrivati in Turchia migliaia di profughi. In particolare nelle grani panetterie, nei grandi cantieri, ma anche nell’industria tessile da tre, quattro anni vediamo un chiaro peggioramento delle condizioni lavorative e salariali. Quasi la metà dei dipendenti nelle grandi panetterie sono profughi. Sono costretti a lavorare per un terzo del salario.
Cosa fanno i sindacati?
Noi costruiamo un fronte contro il rincaro e contro il governo e i suoi progetti di aumenti delle tasse. A questo scopo abbiamo creato due piattaforme. Una del DISK, la Confederazione dei Sindacati Rivoluzionari dei Lavoratori della Turchia, e KESK, la Confederazione dei Sindacati del Pubblico Impiego in Turchia. Inoltre lavoriamo ad alleanze regionali. L’obiettivo è di rafforzare la coesione tra i lavoratori e di organizzare manifestazioni di massa. Alla fine sono possibili anche scioperi.
Quali rivendicazioni concrete presentate?
In primo luogo niente licenziamenti fino a quando c’è la crisi. Secondo, il ritiro di tutti gli aumenti dei prezzi dovuti alla crisi. Terzo, calmierare i prezzi dei generi alimentari perché non possano aumentare ulteriormente. Quarto i salari devono essere aumentati almeno del 30 percento per compensare l’inflazione. Non accetteremo ferie non pagate!