Feminist Revolution
Alcune riflessioni dopo il convegno alla Casa Internazionale delle Donne a Roma con donne curde impegnate nel progetto rivoluzionario del Rojava.
di Sara Montinaro
Sabato 11 Ottobre si è svolto a Roma un convegno alla Casa Internazionale delle Donne che ha visto protagoniste donne curde che hanno spiegato il loro ruolo all’interno del progetto rivoluzionario del Rojava.
Le compagne, arrivate dalla Siria, dalla Turchia e da altre nazioni, hanno raccontato e condiviso alcuni principi di questo progetto politico.
Nel quadro generale attuale alcune direttrici su cui vale la pena soffermarsi sono due: la prima è che bisogna svincolarsi da quella che spesso, in modo superficiale, viene definita la guerra delle civiltà e della religione (l’ occidente moderno e cattolico, contro l’ islam barbaro e retrogrado); la seconda è che invece stiamo assistendo ad uno scontro molto più importante: la consapevolezza di lottare per la costruzione di una “terza via”, che si basa sul concetto di economia sociale e democrazia radicale dove le donne combattenti simboleggiano la costruzione di una modernità democratica, in contrapposizione all’ Isis perfetta incarnazione delle politiche imperialiste che tramite la formazione di uno Stato-Nazione (cd. Stato Islamico) traducono la loro misoginia in forme di patriarcato, in politiche imperialiste che vedono nel saccheggio e nello sfruttamento pratiche quotidiane di affermazione della loro identità.
In tale contesto, al quale ha contribuito un percorso di “schiavitù ideologica” (così definita da Ocalan) che dura da millenni, il ruolo della donna risulta essere il primo vero grande nodo da sciogliere.
La comunità curda ha deciso di farlo provando a costruire un percorso che inizialmente in modo parallelo, e successivamente con madalità sempre più intrecciate, è stato in grado di dar vita ad una struttura basata su un equilibrio tra rapporti di forza, ognuno emanazione di una delle differenti minoranze presenti nella comunità stessa.
Ed ecco che essere uomo o donna, sunnita o yazida, curdo, assiro o turcomanno non ha più importanza.
Quei confini imposti in una demarcazione di ruoli suddivisi in base al sesso, alla religione e alle minoranze si sgretola e il perimetro si dilata.
Un percorso dunque volto ad eliminare le discriminazioni che ha saputo declinare tale principio in ogni aspetto della vita sociale e culturale, da quella amministrativa relativa alla gestione delle comunità, a quella guerrigliera relativa al diritto alla difesa della propria casa.
In una video intervista Dilar Dirik, ricercatrice all’ università di Cambridge, entra nel merito della discussione.
https://www.youtube.com/watch?v=TuZuQJJxStU