Etica ed estetica nel Confederalismo Democratico
Intervista di Kairos moti contemporanei con rappresentanti del UIKI .
Ascoltiamo spesso, dalle parole delle compagne e dei compagni curdi, che nella sperimentazione del nuovo paradigma del Confederalismo Democratico è importante il nesso tra etica ed estetica. Ci puoi spiegare meglio che ruolo ha l’estetica (e la bellezza) nella vostra visione e nelle pratiche di democrazia?
L’etica e l’estetica non sono per noi dei campi separati dalla politica e dalla società in cui viviamo. Per noi è importante far vivere questi concetti, concretamente, nelle pratiche quotidiane e non solo ridefinirli in senso astratto. Il paradigma del Confederalismo Democratico riconosce un dinamismo interno alla società: ogni società che affronta e riconosce i suoi bisogni può arrivare all’autorganizzazione in ogni campo: economico, sociale, politico, ecologico, sportivo, storico-scientifico, artistico. Da questa prospettiva l’estetica non solo non è separata dall’etica ma è parte integrante delle pratiche di democrazia in tutti i settori, che non sono tra loro mai realmente separati. L’idea di estetica che muove queste pratiche di democrazia e di organizzazione è data dall’importanza della bellezza. Quando noi parliamo di bellezza, non intendiamo riferirci solo superficialmente all’esteriorità. La bellezza non è per noi quella fisica, ma quella delle idee e dei sentimenti. Parliamo quindi di bellezza interiore e non di una bellezza pensata per qualcuno. Nel campo dell’estetica ricoprono un ruolo le discipline elastiche del corpo, come lo sport, che permettono di sviluppare un senso di centratura e disciplina interiore. Per costruire una società democratica, ecologica e libera dal sessismo è essenziale un pensiero artistico. Infatti la società stessa si esprime con la musica, con la danza, con l’architettura, con il disegno, la pittura, a cui non può rinunciare. Ma la bellezza è qualcosa che ha a che fare con l’incontro con la natura di una qualsiasi esistenza. L’assenza di dualismi, tra soggetto e oggetto, tra corpo e mente, condizione di questo incontro pieno, è molto importante. In ogni momento, quando c’è l’incontro pieno con la natura di un’esistenza, si genera allora una forza interiore, che per noi è la fonte della bellezza. Con l’arte l’essere umano crea un mondo particolare, attraverso la sua capacità creativa e la sua libertà espressiva: l’etica procede come capacità dell’essere umano di dare valore, tra bene e male. Allo stesso modo l’estetica nella spontaneità artistica valuta il bello e il brutto a seconda dei comportamenti delle prassi etiche ritenute buone o cattive. Noi cerchiamo di sviluppare le arti secondo un nuova idea di sapere estetico nel senso di una rivoluzione intellettuale, per questo tutte le accademie di scienze sociali prevedono l’arte: sono innovative, crescono mettendo in pratica modelli alternativi di convivenza e differenti forme di apprendimento, mentre il sistema dell’istruzione ufficiale cerca di creare esseri umani estranei alla loro società e al loro ambiente, e guidati dalla gerarchia.
La Gineologia (scienza delle donne) e il movimento delle donne curde mettono in primo piano l’etica e l’estetica contro lo sguardo sessista e patriarcale che ha plasmato la percezione comune della società, formando una certa immagine di donna e di uomo, di bellezza e di bruttezza. Attraverso quali pratiche e quali comportamenti riuscite a trasformare, come compagne donne, questo modello ereditato? Compete solo alle donne rivoluzionare l’estetica o anche i compagni lavorano in questa direzione?
Quando si parla dell’estetica di qualcosa, noi diciamo sempre che bisogna domandarsi: secondo cosa si valuta la sua estetica? Allora, si vede come l’estetica possa essere guidata da uno sguardo sessista, patriarcale e capitalista e come non possa essere mai scollegata dall’etica. Se etica ed estetica diventano scollegate, allora si perde, si uccide ogni coscienza.
La Gineologia, dalla sua nascita, si occupa di studiare a partire da una nuova consapevolezza, da una nuova sociologia. Non si tratta di una sociologia che ha solo come argomento le donne, ma una sociologia che punta a trasformare l’intera società. La vita delle donne e degli uomini, nelle nostre organizzazioni, è in parte separata e questo ci fa comprendere molte cose, anzitutto quali siano le nostre giuste relazioni, e su quanto e come il sistema giochi con le nostre identità. Anche gli uomini riflettono su questo, perché la loro identità è determinata dal capitalismo e dal patriarcato. La Gineologia permette di passare al setaccio le radici dei concetti: si creano momenti in cui le donne si incontrano, discutono, apprendono l’una dall’altra, fanno ricerca e poi producono materiali. Considerando che l’estetica è uno dei campi più usati contro le donne, un’altra idea di bellezza, non funzionale al mantenimento del capitalismo e del sessismo, si va delineando, anche nelle accademie di lingua e letteratura. Per noi l’estetica è collegata anche al modo in cui si parla, nella capacità di parola attraverso un linguaggio chiaro, convincente, creativo. Esistono accademie culturali sulle arti, sul teatro e sulla musica e si lavora a partire da un’arte che è però raccontata e fatta dalle storie delle donne, per approfondire le pratiche e teorie della liberazione. Inoltre all’estetica è legata una differente forma di cura di sé: sull’estetica si basa la forza interiore di cui abbiamo parlato prima. Esteriorità e interiorità non sono scollegate. Ma rispetto all’estetica e all’etica, non smettiamo di chiederci come è stata considerata storicamente la donna, ricostruendo la storia della sua oppressione, ripercorrendo i modi in cui è stata descritta, per creare una nuova concezione dell’estetica e dell’etica in questo senso, che non si basa sui saperi dominanti. Questo costituisce, con la Gineologia, la possibilità di un cambiamento comune di mentalità, un’alternativa per una vita libera insieme.
Nel paradigma del confederalismo democratico curdo che ruolo hanno le pratiche artistiche? Esistono commissioni politiche per l’arte? E’ un campo dell’insegnamento?
È importante dire che noi non separiamo l’arte dalla cultura, come un suo campo specializzato, per specialisti, a sé stante. Riteniamo l’arte come espressione individuale e allo stesso tempo collettiva di ogni esistenza culturale. Essere consapevoli nel proprio tempo a partire dalla propria storia permette di legare la bellezza alla libertà negli ambiti dell’etica, della politica, dell’arte e del pensiero. Questo significa in realtà impegnarsi in modo creativo nella costruzione di un modello di realtà sociale lontano dai metodi e dai valori della modernità capitalista. Perché la società e l’individuo possa liberare la sua energia creativa e vivere pratiche artistiche in un fare arte che compete tutti c’è bisogno di riconoscere un gran dinamismo, che permetta forme di socializzazione superiore. È la vita in comune nella lotta a scandire l’intensità dell’espressione artistica, che è in sè capacità creativa di visione del mondo, della realtà. In montagna esiste un Comitato per la Letteratura dei guerriglieri, anche lì potremmo dire che la bellezza risiede nella profondità della verità dell’esperienza che le parole esprimono, anche nei piccoli gesti quotidiani.
Esistono inoltre numerosi comitati, in Rojava, in Turchia, in Europa che si occupano di produzioni cinematografiche proprie. Anche qui parliamo di autoproduzione, e i criteri secondo cui valutiamo i film, le canzoni, le opere teatrali, sono basati sul portato sociale, sulla capacità di un film di raccontare i sentimenti o di mettere a contatto con argomenti e temi importanti e profondi. Anche l’uso dell’immagine per noi è importante non di certo per la sua vendibilità, ma per la trasmissione di sentimenti rivoluzionari.
C’è spazio per l’arte e l’estetica anche in guerra? Si può pensare alla bellezza anche quando ci si difende da un genocidio storico protratto oggi da Isis e da Erdogan sul vostro popolo? Per riprendere la domanda del Subcomandante Marcos, ci può essere un’etica/estetica della guerra?
L’estetica ha a che fare con il bello e con ciò che è buono. Noi non riferiremo mai la bellezza alla guerra, la guerra non ci piace, se ci siamo dentro è perché ci difendiamo da un genocidio politico e culturale: il presidente Abdullah Ocalan, pochi giorni fa, nella festa del Sacrificio, ha spiegato come non si possa aver tregua, senza dialogo e cessazione delle atrocità – in un paese in cui 30-40 persone muoiono ogni giorno. Noi quindi parliamo di autodifesa. L’autodifesa non guida solo la lotta militare, ma ogni campo dell’esistenza ed è legata all’estetica tanto quanto all’etica: parità, giustizia e coscienza sono i principi che guidano la lotta, tenendo a mente che la guerra è qualcosa che uccide ogni coscienza, scollegando ogni principio etico e di umanità. Noi parliamo in questo senso di autodifesa non solo come diritto all’esistenza, ma come presupposto per una società cosciente di sé e dell’alternativa che vuole creare. E questo sì, è legato alla bellezza. Se pensiamo alla bellezza di un fiore….sono necessarie delle spine perché si mantenga intatta la sua bellezza, le spine del fiore sono per noi l’autodifesa, in ogni ambito della società, non solo in quello militare. L’espressione artistica, ha luogo per noi nel quotidiano, possiamo pensare alle canzoni e alle danze e come queste siano parte integrante, per esempio, della vita in montagna. Ogni ballo ha una sua storia, di felicità, di rivincita, di memoria, e un suo ritmo specifico a seconda del momento in cui viene intrapreso. Ogni canzone ha una sua storia, in cui sono espressi, in forme creative, i concetti della vita comune, delle lotte e della condivisione. Il fatto che questo sia uno spazio espressivo fondamentale di vita ti dice molto sulla storia di resistenza sedimentata di un popolo. L’arte, la filosofia e tutto il sapere, sono determinanti per la comprensione dell’essere umano e per una vita piena di senso.
Il sistema capitalista occidentale, spezzettando tutto esageratamente, ha determinato una crisi sociale: gli intellettuali, i filosofi gli artisti e anche gli scienziati di correnti diverse, studiano un avvenimento o un processo distruggendo la sua totalità e analizzandone le singole parti. Credono che la ricerca sia possibile solo quando si attua questa divisione: dal punto di vista etico questo è preoccupante perché non si è in grado di comprendere le campagne di distruzione fisica e mentale del XX secolo. Mentre l’aspetto più importante del sapere umano è che esso rappresenta l’interezza.