Della primavera che nessuno può fermare
Si è fatta primavera a Jinwar, i campi sono di un verde rigoglioso, le foglie degli alberi da frutto splendono al sole e sui campi, tra il frumento, un gran numero di fiori gialli che sembrano stendersi sul paesaggio come un tappeto. È passato ormai oltre un anno da quando sono iniziati i lavori per la costruzione del villaggio delle donne in Rojava/Siria del nord e se oggi ci si trova sulla piazza rotonda al centro del villaggio e ci si guarda intorno, ci si meraviglia di quanto possa essere creato nel corso di un anno.
Il comitato per la costruzione del villaggio era stato creato diverso tempo fa con l’obiettivo di costruire un villaggio ecologico, nel quale le donne possano vivere in modo collettivo e autodeterminato. Fin dall’inizio, donne di diversi gruppi, iniziative e organizzazioni di donne ne hanno fatto parte – Kongreya Star, la Fondazione delle Donne Libere Rojava (WJAR), il Comitato di Jineolojî, le organizzazioni dei famigliari dei caduti, del Comitato per la Medicina Naturale, altre donne e internazionaliste interessate. Sono trascorsi alcuni mesi di discussione e pianificazione fino a quando poi il 25 novembre 2016 (la giornata internazionale contro la violenza contro le donne) il comitato, alcuni vicini e ospiti si sono riuniti sul posto per annunciare la costruzione del villaggio e piantare i primi alberi. Il 10 marzo 2017 sono state posate le prime pietre per le fondamenta delle prime case e così è iniziata la costruzione vera e propria del villaggio.
Nel frattempo si è fatta primavera, il villaggio è cresciuto, molto è cambiato e sono state costruite 21 case. Al momento il comitato del villaggio sul posto è costituito da otto donne che vivono, lavorano quotidianamente nel villaggio e coordinano la costruzione. Alcune poche donne sono lì giorno e notte, mentre altre donne vivono nei villaggi e nelle città circostanti, di giorno si trovano nel villaggio delle donne e la sera tornano dalle loro famiglie. In questi giorni c’è molto da fare e le donne lavorano la maggior parte della giornata insieme all’aperto, spesso sostenute da donne dei villaggi vicini.
Un luogo con un’atmosfera particolare
Le case sono tutte costruite con molta fatica di Kerpiç (mattoni di argilla) autoprodotti. Un metodo di costruzione che è tradizionale per la regione. I materiali di costruzione sono ecologici e provengono prevalentemente dalle immediate vicinanze del villaggio. Per tutta la primavera e l’estate un gran numero di donne e sostenitori e sostenitrici hanno prodotto i mattoni da terra, paglia e acqua e costruito le case. Inoltre gruppi da diverse città e regioni del Rojava sono passati a giornate per sostenere la costruzione con le proprie mani. Anche uomini dei villaggi circostanti vengono per aiutare nei lavori di costruzione ed è grazie alle instancabili lotte delle donne in Rojava e nel nord della Siria, che qui ora anche uomini lavorano con un comitato di villaggio di donne autonomo per la costruzione di un villaggio di donne e che lo facciano con una notevole apertura e naturalezza (considerano la resistenza del patriarcato).
Naturalmente continua a esserci complessivamente scetticismo rispetto al villaggio – è qualcosa di nuovo e nessuno riesce davvero a figurarsi come qui la vita diventerà effettivamente. Quando poi però la gente arriva nel villaggio, aiuta nei lavori o parla con le donne del comitato, molti trovano così buona e particolare sia l’idea del villaggio sia l’atmosfera, che tornano spesso e sostengono il progetto.
Accanto alle 21 case, da qualche settimana è finita anche la cucina collettiva e proprio accanto anche una terrazza lastricata di pietre. Uno spazio per piccole riunioni è pronto e anche la piazza del villaggio è diventata più bella. Il centro della piazza è costituito da una fontana a forma di stella decorata con pietre colorate e cocci di argilla e indica il simbolo della dea mesopotamica Ishtar. Intorno, le donne hanno piantato alberi e c’è molto spazio per sedersi insieme. Anche il giardino cresce e prospera. Tutto è verde in questi giorni e quasi ogni giorno c’è qualcosa da fare in giardino. Oltre al gran numero di alberi di albicocco, melograni e ulivi, le donne hanno piantato anche un orto dove coltivano peperoni, melanzane, cetrioli, insalata, cipolle, agio e altre verdure. Proprio accanto al villaggio alcune donne hanno costruito un forno Tenur, un forno di argilla tradizionale, sulle cui pareti interne viene cotto il pane in focacce tonde. Inoltre Jinwar ora ha un proprio piccolo forno di pietra, che a breve potrà essere riscaldato per la prima volta. Sia il giardino che il forno dovranno diventare base per l’auto-approvvigionamento del villaggio e con questo diventare pilastro principale di un’economia comunalista. Nel forno si vuole cuocere il pane sia per Jinwar sia per i villaggi circostanti, perché la maggior parte dei villaggi non hanno più forni per il pane e molte persone si riforniscono di pane in città. L’idea è che quotidianamente gruppi di donne vengano da diversi villaggi per aiutare a cuocere il pane e in questo modo vengano divisi lavoro e pane. Il lavoro comune e l’economia comunalista rappresenta un elemento importante del villaggio, nel quale le donne possono costruire alternative in ogni ambito della vita.
Un luogo di molte storie di piccoli e grandi cambiamenti graduali
Finché tutto questo andrà davvero a regime ci vorranno però ancora alcuni mesi. Ora dovranno prima essere finite le altre nove case, inoltre la scuola, l’accademia e il centro sanitario. Alcuni giorni fa le donne del comitato hanno preparato la pianta per le fondamenta dell’accademia e appena farà un po’ più caldo e inizierà di nuovo il periodo per i Kerpiç, può partire la costruzione. Nell’accademia si intende organizzare formazione su diverse aree della Jineolojî. Teoria e pratica dovranno andare di pari passo e essere legate alla vita e al lavoro nel villaggio. Nell’accademia le donne possono incontrarsi, imparare, scambiare conoscenza. Finora è prevista principalmente formazione su agricoltura ecologica e giardinaggio, salute, storia, demografia, pedagogia e basi per una vita comune libera. Le donne del comitato hanno già riflettuto anche su formazione e seminari per uomini sulle basi della liberazione delle donne.
Fino a quando le prime donne potranno trasferirsi ci vorranno solo altre poche settimane. Una delle donne che si trasferirà presto è Dicle. Viene da Serê Kaniyê (Ras al-Ayn), ha 25 anni e ha tre bambini che vivono lontano da lei con la famiglia di suo marito in Iraq. Le loro famiglie avevano combinato il matrimonio presto, Dicle è stata continuamente picchiata da suo marito e ha alle spalle un periodo difficile. Per alcuni anni i due hanno vissuto con i bambini piccoli a Damasco fino a quando è iniziata la guerra. Su insistenza del marito erano fuggiti nel Başûr (Kurdistan del sud), dove suo marito alla fine l’aveva tradita con un’altra donna. Dicle a quel punto è tornata in Rojava e nella casa di sua madre, cosa che nonostante le difficoltà, per lei è stata un grande sollievo. Tuttavia la famiglia di suo marito non ha permesso che tenesse con sé i bambini. Quando ha sentito dell’idea del villaggio delle donne, si è entusiasmata subito, è entrata a far parte del comitato e si è decisa rapidamente a andare a vivere lei stessa nel villaggio. Al momento le donne preparano insieme la casa di Dicle e tutte sperano che un giorno potranno trasferirsi anche i bambini. Jinwar già adesso è un luogo di molte storie e di piccoli e grandi cambiamenti graduali.
In tempi come questi può mettere un segno – per una forma di resistenza che va di pari passo con un profondo cambiamento e liberazione della società che è a lungo termine e viene portato avanti dalle donne. È la costruzione di alternative sociali vive, di modi di vivere collettivi e etici, che rendono le persone capaci di autodeterminarsi e rappresentano un’effettiva alternativa a un sistema distruttivo capitalista-patriarcale che continua a riprodurre se stesso attraverso strutture di potere e guerre. »Un fiore possono strapparlo, ma non possono fermare la primavera«, è un detto bello e calzante. Jinwar e i molti progetti di donne in Rojava/Siria del nord, così come ovunque nel mondo, sono parte di questa primavera e non sarà possibile fermarli.
Nûjin, Jinwar, Kurdistan Report