Carlo Petrini: «Rojava, un modello da difendere»
Nella confusione e nella drammaticità della situazione siriana, dal 2011 sconvolta da un conflitto interno che coinvolge il governo di Assad, lo Stato Islamico, le milizie curde, Al Qaeda e che vede intrecciarsi le ingerenze di Russia, Iran, Stati Uniti e Turchia, c’è una piccola regione che rappresenta un modello di resistenza e di auto organizzazione democratica e pacifista: il Rojava.
Siamo nel Nord del Paese, al confine con la Turchia. Qui la popolazione, in stragrande maggioranza curda, non si è solo distinta per la tenacia e la forza con cui ha respinto l’avanzata dello Stato Islamico, ma ha anche saputo sperimentare un modello organizzativo e democratico radicalmente nuovo in questa parte del mondo (e non solo qui per la verità).
Un modello inclusivo, democratico, femminista, ecologista, progressista. Un modello di autogoverno realizzato attraverso assemblee cittadine e consigli confederati, chiamati a decidere su tutti gli ambiti della vita sociale, a partire proprio dalla difesa militare fino ad arrivare all’amministrazione della giustizia e delle risorse naturali comuni.
Un sistema in cui le donne giocano un ruolo cruciale. A loro è riservato almeno il 40% della rappresentanza oltre alla copresidenza della confederazione. Un’esperienza di avanguardia sociale che ha anche avuto, come momento costitutivo, l’adozione di una carta di valori giuridicamente vincolante per tutta la società: il Contratto sociale.
Una carta che rifiuta l’autoritarismo, il militarismo, il centralismo e l’intervento dell’autorità religiosa negli affari pubblici, che supporta la libertà di culto ma separa categoricamente la religione dallo Stato. Si impegna all’inclusione tra le diverse etnie e religioni nel Nord della Siria e per questo definisce i tre cantoni non curdi bensì una “confederazione di curdi, arabi, siriaci, aramaici, turkmeni, armeni e ceceni”.
Il Contratto sociale afferma l’uguaglianza di tutti gli individui e di tutte le comunità di fronte alla legge, l’uguaglianza dell’uomo e della donna, garantisce i diritti umani e le libertà sociali così come stabilito dalle convenzioni internazionali a cui si richiama, riconosce e tutela i diritti civili, politici, culturali, sociali ed economici ma anche quelli etnici, linguistici, di genere, il diritto alla salute, il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona, i diritti dei bambini.
Un modello di società ecologista che, pur in mezzo alle rovine delle città distrutte dalla guerra, ha saputo anche dare vita a una collaborazione con Slow Food per la creazione di orti scolastici e comunitari che coinvolgono quasi mille persone.
Oggi questa realtà è in pericolo. I bombardamenti dell’esercito turco, che considera le milizie del Rojava gruppi terroristici, stanno distruggendo le città e facendo morti tra i civili e tra i bambini. Nelle scorse settimane un gruppo di intellettuali e attivisti guidati da Noam Chomsky ha lanciato un appello per fermare questi attacchi, e noi ci accodiamo a questa voce.
Appello : Non lasciate che Afrin diventi un’altra Kobane
Carlo Petrini, da La Repubblica del 18 febbraio 2018