Delegazione Italiana a Amed: Ritorno a Suruc/Kobane
L’ultimo giorno della Carovana Newroz 2015 ci vede tornare a Pirsus(Suruc) confine con la Siria insieme ad altre delegazioni che in questi giorni hanno visitato – producendo diversi report – le zone del Kurdistan Turco ma anche Iracheno e Siriano.
Dalla liberazione di Kobane si calcola che sono circa 50.000 le persone che sono rientrate nel cantone, in particolare nei villaggi vicini, liberati con l’offensiva di Gennaio. La città resta comunque per gran parte inabitabile. In particolare la parte ovest, ridotta in macerie, con ancora moltissimi corpi di combattenti ISIS e ordigni esplosivi. Il numero dei rifugiati nei campi comunque è enorme, provenendo anche da altre zone del cantone ancora in conflitto.
Sulla situazione generale dei campi è possibile leggere i report delle staffette che dal mese di ottobre hanno visitato la cittadina di confine.
Complesso rimane anche il passaggio di aiuti dalla Turchia verso Kobane. Sia di quelli che provengono direttamente dalla solidarietà internazionale, sia quelle che derivano dagli impegni delle municipalità.
L’incontro con Mustafa Dogal, responsabile dell’ufficio diplomatico del Partito HDP di Diyarbakir, ci conferma questi dati. Il lavoro della Municipalità è ora quello di accompagnare il rientro delle persone a Kobane e sostenere il processo di ricostruzione.
In pratica l’organizzazione delle famiglie che vogliono rientrare a Kobane viene gestita attraverso i responsabili dei campi, che, una volta creati i gruppi, li fanno partire 3 volte alla settimana con dei bus messi a disposizione dalla Municipalità.
Ci precisa che gli sfollati dalla Rojava dal loro punto di vista politico non sono da considerarsi dei “rifugiati”, bensì di persone unite da legami familiari in territorio turco. Quindi la Municipalità li accoglierà anche se decidessero di restare a Suruc.
La visita successiva al campo Kobane ci conferma che l’operazione rientro è già cominciata. Molte tende sono state smontate, circa 900 persone sono già partite. Alcuni di noi ritrovano persone incontrate nel corso delle staffette. Anche quelli che solo 3 mesi fa avevano detto di volere partire per l’Europa, ci dicono con il sorriso che presto torneranno in Rojava, anche se là la loro casa non c’è più.
L’incontro ha toccato però anche temi più generali sollecitato dalle domande della delegazione. Fra questi la necessità di rompere l’embargo che Siria, Turchia, Iran, Iraq hanno da 70 anni nei confronti del popolo kurdo attraverso una pressione internazionale sulle Nazione Unite. Questo modificherebbe la politica turca sulla chiusura delle frontiere con il Rojava. Sul processo di pace e sulle dichiarazioni di Ocalan che sembrano aprire delle crepe nella relazione tra Erdogan e il Governo, sostiene anche lui che pur trattandosi di un passaggio storico e fondamentale non c’è da fidarsi soprattutto visto che sono prossimi alle elezioni politiche e la fame di potere dei contendenti potrebbe trasformare l’opportunità di un passaggio storico in una mera dichiarazione elettorale.
Sul conflitto sostiene che l’intervento della coalizione è arrivato tardi e sostiene che le YPG-YP avrebbero bisogno di una armamento maggiore, mentre riguardo al rapporto con i pershmerga da buon diplomatico dice che il loro aiuto – per quanto piccolo in termini numerici – è stato un fondamentale passo verso la ricostruzione dell’unità dei Kurdi frammentata dai confini e dalla politica degli stati nazione negli anni passati.
La visita al campo Kobane ci conferma che l’operazione rientro è già cominciata. Molte tende sono state smontate, circa 900 persone sono già partite. Alcuni di noi ritrovano persone incontrate nel corso delle staffette. Anche quelli che solo 3 mesi fa avevano detto di volere partire per l’Europa, ci dicono con il sorriso che presto torneranno in Rojava, anche se là la loro casa non c’è più.
La delegazione prosegue poi verso la frontiera. I palazzi e gli edifici distrutti di Kobane si vedono bene dal confine, dove i militari turchi ci permettono di fare solo qualche foto, ma non di passare. Sullo sfondo vediamo sventolare la bandiera del YPG, oltre un dosso…l’Autonomia Rojava è a poche centinaia di metri.
Delegazione di Amed