Fabio Marcelli; Isis, non dimentichiamoci di Kobane
Da quasi quattro mesi, il 14 settembre 2014, la popolazione curda di Kobane, organizzata militarmente nelle milizie dell’Ypg e dell’Ypj, sta resistendo alle orde nazi-islamiche dell’Isis. Questa battaglia, la battaglia di Kobane, assume, per i motivi che ho più volte spiegato su questo blog, una portata davvero universale. Fondamentale al suo interno il ruolo delle donne, che rifiutano armi alla mano il ruolo da schiave che i terroristi nazi-islamici vorrebbero riservare a loro e ad altri. Le partigiane e i partigiani che difendono Kobane hanno pagato un elevato tributo di vite umane, infliggendo perdite superiori al doppio agli assedianti.
L’Isis che rappresenta una minaccia alla pace, ai diritti umani e alla democrazia, non sarà certo sconfitto dalla claudicante e sgangherata coalizione che gli Stati Uniti stanno cercando di mettere in campo, e che rischia solo di consegnare ancora, come abbondantemente avvenuto in passato, tonnellate di armi di nuova generazione al Califfo, abbandonate dai soldati iracheni in fuga disordinata o vendute da burocrati e militari corrotti, mentre i bombardamenti indiscriminati che colpiscono le popolazioni civile rischiano di aumentare la popolarità dei terroristi. Non a caso l’Isis costituisce, per le classi dirigenti occidentali e i loro alleati locali, i regimi reazionari del Medio Oriente, un vero e proprio nemico/alleato perfetto, come ho argomentato ampiamente in un mio scritto in materia. Inutile aggiungere che i tentativi di costruire tale coalizione vedano come al solito l’adesione perinde ac cadaver del governo italiano, Renzi, Gentiloni e Pinotti in testa, mentre invece ci vorrebbe, in questo caso come in quello della Libia o dell’Ucraina, ben altra originalità ed autonomia, come contributo davvero efficace alla sconfitta del pericolo terrorista e di quello dell’estensione delle guerre giustamente paventato da Papa Francesco.
L’unica possibilità di sconfiggere progetti integralisti, per l’area mediorientale e più in generale, è rappresentata, e anche questo l’ho scritto più volte, dall’esercizio del diritto di autodeterminazione e della democrazia partecipata su base territoriale senza alcuna discriminazione o violenza etnica o religiosa. Di tale progetto rivoluzionario Kobane costituisce l’esempio e l’immagine vivente. Per questo è avversata dai regimi tirannici della zona, da quello turco di Erdogan a quello saudita, passando ovviamente per il Califfo che si avvale dell’appoggio di entrambi.
Fra tali progetti integralisti, del resto, non c’è solo il Califfato. Anche il governo israeliano di Netanyahu è sceso sul terreno su tale terreno invocando la necessità di costituzionalizzare la “natura ebraica” dello Stato di Israele. Progetto che fortunatamente sta incontrando una risposta decisa da parte dei settori democratici israeliani. Al punto da determinare prossime elezioni anticipate.
Tornando a Kobane, vale la pena di prendere in considerazione la Carta costituzionale della provincia della Rojava, cui la città martire appartiene, e che rappresenta davvero un documento modello per l’autogestione democratica. Essa fra l’altro recepisce una serie di trattati internazionali in materia di diritti umani che costituiscono le acquisizioni più avanzate in materia.
Voglio qui riferire anche di un recente appello dell’amministrazione della città, che sottolinea le drammatiche carenze degli assediati in ordine ad acqua potabile, energia elettrica, alimenti e medicinali e si chiude con le seguenti richieste: – L’istituzione di un corridoio per gli aiuti umanitari sotto il controllo dell’Onu;
– Squadre di esperti internazionali per esaminare la situazione a Kobanê;
– Garanzia di approvvigionamento di acqua potabile e alimenti;
– Invio di squadre di medici internazionali per l’assistenza e le cure mediche;
– Approntamento di equipaggiamento tecnico per la ricostruzione della città.
Il tutto mentre l’assedio da parte dell’Isis continua sotto lo sguardo compiacente del regime turco, che non vede l’ora di sbarazzarsi della resistenza della città, esempio importante anche per le comunità curde della Turchia e i popoli della Turchia più in generale. Si tratta di una vera e propria complicità attestata ad esempio dal fatto che le bande terroriste hanno cominciato attacchi nei confronti della città a partire dal confine turco, come ammesso anche dal governatore della provincia turca di Urfa. Nel frattempo sono ben trentatré le persone uccise dalla polizia e dall’esercito in Turchia mentre manifestavano a favore di Kobane.
Ricordo anche che è possibile sottoscrivere a favore della resistenza di Kobane. I soldi raccolti verranno immediatamente trasferiti alla Mezzaluna Rossa curda.
di Fabio Marcelli /Il fatto Quotidiano