Pratiche sociali e progetti economici di empowerment femminile
INCONTRO NEL CANTONE DI JAZEERA CON AMINA OMAD, DESTAYA JIN (CONCILIO DELLE DONNE).
Il nostro viaggio nel territorio del Rojava prosegue, il tempo sembra volare. Incontri e dibattiti si susseguono e le nostre curiosità, invece di diminuire, aumentano. La voglia di capire è tanta, la consapevolezza di essere nel mezzo di un processo rivoluzionario accresce di giorno in giorno. Siamo a Qamislo, capitale del cantone del Rojava denominato Siria Confederale del Nord.
Camminiamo per le strade tra il filo spinato ed i sacchi di sabbia, dove i check-point, impenetrabili, fanno parte dell’arredo quotidiano di una vita che prova a scorrere nella normalità nonostante la guerra.
Siamo nel centro della città, a poche centinaia di metri dal quartiere controllato dal Regime di Assad. Finalmente riusciamo ad arrivare a destinazione, oggi dobbiamo incontrare Amina Omad, rappresentante del Destaya Jin (Concilio delle Donne) del Cantone di Jazeera.
Tra un chai ed un baclava, Amina ci accoglie calorosamente e, spiegando il suo ruolo, ci dice:
“Questa è l’istituzione formale che rappresenta la governance del Cantone. Per la prima volta, dopo anni di lotta, le donne fanno parte della Self-Administration: siamo riuscite a rendere possibile ciò in Medio Oriente. Noi lavoriamo per difendere le donne politicamente, socialmente, economicamente e legalmente. Le supportiamo, le incentiviamo e provvediamo affinché possano sviluppare gli strumenti, la conoscenza e la consapevolezza di ciò che sono.”
Ci facciamo raccontare meglio quelle che sono le principali attività che portano avanti ogni giorno.
“Siamo attive sin dal 2014 e seguiamo tanti progetti al femminile, con le donne e per le donne. Interveniamo soprattutto in ambito sociale con sportelli di aiuto psicologico, case per donne anziane, progetti per vedove, orfani e bambini disabili. Nonostante la situazione di profonde mancanze finanziarie, proviamo a sviluppare progetti anche in ambito economico.
Una delle attività su cui ci siamo focalizzate sin dall’inizio è la ‘casa di difesa per le donne’. Per noi è stato molto importante sviluppare un discorso che, a partire dal concetto di protezione, fosse in grado di declinarsi concretamente nella difesa delle donne costrette a scappare dalle loro famiglie. Come potete osservare con i vostri occhi, la nostra è una società profondamente conservatrice: la donna non può uscire da sola con un uomo, a meno che non sia il marito o un parente, e sono molto diffusi i casi di violenza domestica. In queste situazioni – per entrare nel concreto – normalmente ospitiamo la donna per 6 mesi: durante questo periodo provvediamo a tutte le sue necessità, offrendole un posto sicuro nel quale vivere. Predisponiamo dei corsi professionalizzanti, come ad esempio lezioni di cucito, al fine di fornirle gli strumenti per raggiungere una propria indipendenza economica; facciamo in modo che acquisisca nuove capacità e predisponiamo una serie di servizi, tra i quali il corso educativo, per noi particolarmente significativo. Durante queste lezioni, insegniamo alla donna come conoscere se stessa, conoscere la propria storia in quanto donna, e quindi cosa significa essere libera. Devi conoscere te stessa se vuoi essere libera.
Dopo 6 mesi organizziamo un incontro con la famiglia della donna, cercando di instaurare sin dal principio un clima pacifico, volto al dialogo, alla comprensione ed al rispetto reciproco. Durante questo colloquio capiamo se ci sono i margini per poter stabilire una riconciliazione: se abbiamo la garanzia che tali criteri risultano essere soddisfatti ed il problema risolto, la donna ritorna dalla famiglia. A volte la famiglia ripudia la ragazza e quando ciò si verifica, estendiamo il progetto per altri sei mesi. Dopo questo altro periodo si ripropone un nuovo incontro con la famiglia e se il problema dovesse persistere, provvediamo nel trovare una sistemazione stabile alla donna.
Il nodo che spesso riscontriamo nella nostra pratica quotidiana è relativo al persistere della mentalità patriarcale. Lavoriamo quindi affinché la donna aumenti la confidenza in se stessa e le sue sicurezze.
In quattro anni abbiamo avuto circa duecento casi e fino ad ora siamo riuscite sempre a far riconciliare le ragazze con le loro famiglie. Tramite questo lavoro quotidiano siamo riuscite a prevenire non solo casi di violenza domestica, ma anche crimini come i delitti di onore.
Le donne vengono oppresse quotidianamente anche dal punto di vista legale. Ad esempio una loro testimonianza all’interno di un processo vale un terzo rispetto a quella di uomo e pratiche come quelle della poligamia sono ancora diffuse.
Per questo motivo abbiamo introdotto trenta articoli per tutelare i diritti delle donne attraverso una ‘Woman’s Law’, finalizzata proprio a prevenire alcuni crimini come poligamia, matrimoni minorili, matrimoni forzati. Al contempo ci proponiamo di inserire leggi che siano in grado di garantire diritti e tutele, introducendo il matrimonio civile e l’uguaglianza tra uomo e donna in ogni aspetto della vita: economico, salariale, processuale (equiparando la testimonianza), amministrativo e politico.
Questi processi legislativi sono guardati con molta attenzione anche da donne di altri Stati, come la Tunisia, il Libano e addirittura il Regime di Assad. Tutto ciò ci stimola ancora di più a continuare su questo percorso, a eliminare gli ostacoli che impediscono una piena uguaglianza tra uomo e donna.