L’organizzazione confederativa e le assemblee popolari
È incontestabile che la struttura statale, modellata contro natura, malgrado il carattere stesso dell’umanità e i traguardi raggiunti nella storia, si sia ora trasformata in un meccanismo criminale. Tale meccanismo, gradualmente introdotto con il pretesto della garanzia del protezionismo, si è ora trasformato in una macchina di distruzione rivolta contro l’uomo, l’umanità, la vita e la verità.
Il volto scoperto dello Stato si palesa come la vera causa di quasi tutte le guerre. Non vi è guerra nella storia dell’umanità che non porti impressa la firma di tale crimine, che è all’origine di guerre, della frammentazione della vita sociale e dell’eliminazione di valori quali quelli di amicizia e solidarietà.
La terza guerra mondiale, attualmente in corso, ne è conseguenza diretta. Questo meccanismo si autodefinisce utilizzando svariati nomi, come ad esempio fascismo, impero, repubblica e, talvolta, democrazia. Sebbene modifichi il suo nome a seconda di condizioni particolari, legate alla natura sociale e politica degli individui, trova fondamento proprio all’interno di tali pratiche politiche. Il sistema, i cui ingranaggi sono in moto all’interno delle strutture esistenti, offre copertura quasi morale alla repressione e alla violenza e si organizza al tempo stesso, in quanto immortale, attraverso l’esercito, la polizia e il sistema giudiziario. Tale è infatti un sistema dettato da una manciata di pochi potenti. Gli ordinamenti che vantano di un numero spropositato di leggi contribuiscono a dar forma ad un sistema fatto su misura degli stessi governanti che, ove tutto il resto fallisce, sanno servirsi di sanguinosi colpi di stato per ottenere i risultati sperati. Gli obiettivi sono portati a termine a volte con sanguinose repressioni di manifestazioni o interrompendo uno sciopero per scatenare il terrore sulle strade, arrestando o torturando democratici e intellettuali o persino portando allo scoppio di una guerra.
Il sistema della sovranità nazionale, ovvero ciò che chiamiamo “civiltà”, in funzione ormai da 5.000 anni, ruota attorno a questo asse. Sia che si tratti di uno stato cristiano, musulmano, buddista o ateo, la differenza è illusoria, il fine ultimo il medesimo. Questi Stati e i loro sovrani venerano una cosa soltanto: il dio denaro.
Non c’è nulla che possa fermarli, la loro codardia li porta a difendere qualsiasi tipo di fede, religione e ad abbracciare qualsiasi ideologia o dire amen alla fine di qualsiasi preghiera. Per loro, tutto è lecito al fine di raggiungere il loro obiettivo: quello del profitto e dello sfruttamento globale.
Malgrado ciò che si pensa di solito, lo Stato non è un meccanismo tale da permettere automaticamente che una classe economica eserciti pressione su di un’altra. Questo colossale strumento di violenza, organizzato all’interno delle cellule più piccole della società, non perseguita unicamente un tipo di classe sociale, bensì tutte le sezioni di cui la società si costituisce, vale a dire: i giovani, le donne e gli uomini. Solo la classe dirigente non subisce danno alcuno. Anche i circoli più tranquilli e asserviti, ideologicamente vicini all’opinione dei sovrani, sperimentano forme repressive. Si intende, in tal modo, prevenire l’insorgere di visioni alternative al mondo conosciuto. Lo Stato non è un meccanismo tale da investire sulla situazione attuale; è invece unicamente proiettato verso il mero profitto futuro.
Lo Stato non capisce cosa voglia dire essere una brava persona, cosa definisca una buona società o un regime giusto. Ritiene che tutto sia malvagio e reputa necessario organizzarsi al fine di arrestare tale cattiveria, facendo attenzione a tenere al tempo stesso le dita premute sul grilletto. Non si preoccupa di trasformare il male in bene, in quanto ne considera l’esistenza stessa alla base di tale cattiveria. Lo Stato Si ritiene un essere divino in grado di mantenere l’equilibrio tra giustizia e diritti per e al di sopra di tutti. Si considera il rappresentante di Dio, incaricato di difendere i diritti e la neutralità.
Con ciò, non si vuole affermare che lo Stato sia uno strumento di violenza a sé stante, in quanto coloro che ne hanno messo in moto gli ingranaggi sono le potenze e le classi dominanti stesse che, nel complesso, altro non è che una manciata di capitalisti, intenti a perseguire il loro massimo profitto personale. È la stessa manciata di detentori del potere ad aver creato istituzioni quali lo Stato, l’esercito, il sistema giudiziario, le leggi e la violenza risultante da essi. Lo Stato stesso è un’arma ed è questa manciata di membri della classe sfruttatrice ad averla in pugno.
Con il pretesto di proteggere i valori nazionali, appropriandosi dello spazio per mantenere l’esercito e la polizia, per proteggere le frontiere, promuovere le nuove tecnologie e la creazione di nuove macchine da guerra, lo Stato di certo darà l’avvio a nuove guerre come portavoce della stessa forza detentrice di oltre il settanta per cento della ricchezza del mondo. Di sicuro, invaderà altri Paesi, aspirando a viaggiare nello spazio e nei sogni di nuove aree di sfruttamento. La povertà nella ricchezza, l’ostilità nella fraternità, l’inganno nella verità sono purtroppo tutti risvolti dell’azione dello Stato e della stessa manciata di persone al potere.
Al momento, l’umanità è soffocata dallo Stato e da una manciata di potenti. Gli esseri umani, portatori dalla nascita dell’elemento della libertà, sono ora vittime delle peggiori forme di schiavitù, mai sperimentate prima.
L’umanità, così dipendente dalle sue fabbriche, pervasa dall’inquinamento atmosferico, afflitta dalla povertà e da bassi tassi di retribuzione, è ormai agli sgoccioli. In questa “sporca” epoca della civiltà dell’uomo, l’umanità è spinta a perdere la sua moralità, è inquinata, la sua anima e la sua coscienza sono state messe in vendita, la sua memoria, la sua coscienza della libertà e della verità sono state cancellate. In questa età di avanzamento sociologico, il progresso non è il risultato meritato del duro lavoro e della creatività, bensì il grande inganno della mediocrità. Le realtà che sono espressioni dell’amore, le donne, i bambini, gli uomini, sono colpite nel profondo della loro natura, i loro cuori sono frantumati in pezzi.
Il PKK e lo Stato
Abdullah Öcalan, leader del PKK e del popolo curdo, essendosi particolarmente interessato alla questione dello Stato, ha dimostrato il coraggio di formulare e presentare un nuovo paradigma, all’interno del quale sono delineati i contorni di una nuova società e di un nuovo modello di personalità individuale, generatosi anch’esso all’interno di tale sistema morale politico.
Öcalan ha proposto la creazione di un nuovo sistema come alternativa alla modernità capitalista esistente, pervasa dai suoi valori economici, politici, sociali, culturali e morali. Egli propone la creazione in toto di un nuovo di sistema, essendo contrario all’intervento solo parziale su alcune parti implicate nel fallimentare sistema esistente.
Il nuovo paradigma di Öcalan e i principi della nuova società non sono frutto di concitazione o altre argomentazioni politiche, ma si basano sul suo pensiero e sulla capacità di sintesi, supportati dalle ricerche da lui svolte. Öcalan si è basato sugli scritti di intellettuali e accademici sopravvissuti a guerre, persecuzioni, lotte armate o lotte pacifiche. È dunque giunto a conclusioni importanti e ha proposto una critica al sistema odierno.
Allo stesso tempo, ha studiato i grandi autori dell’analisi storica, gli intellettuali progressisti, i ricercatori e gli scienziati, che hanno effettuato lavori di grande profondità analitica circa lo Stato, la rivoluzione, la violenza, la persecuzione, la costrizione, la democrazia e la libertà. Così facendo ha approfondito le loro proposte e contributo formulando anch’egli un suo paradigma personale.
Formulando il proprio paradigma studiando il pensiero di studiosi e filosofi della scienza storica e socio-politica come Immanuel Wallerstein, Noam Chomsky, Amin Maalouf e Bookchin, si è spinto verso la trattazione di tematiche quali la struttura dello Stato, le sue modalità di sviluppo e il suo ruolo. Con lui, viene inaugurata la grande era del pensiero autonomo.
Un tempo convinto della necessità della presenza dello Stato, Öcalan presenta ora un’autocritica rispetto a quanto precedentemente affermato e sottolinea quanto l’idea di Stato sia un problema su scala globale, un incubo che opprime le menti, un meccanismo ideato per tenere in pugno l’intera umanità con l’eccezione di una manciata di monopolisti al potere. Lo Stato non potrà mai essere riformato verso la democratizzazione, venendo a compromessi con il concetto di libertà, in disaccordo con tutto ciò che lo Stato rappresenta. Lo Stato dovrebbe essere superato tramite metodi alternativi.
Non si propone l’eliminazione dello Stato mediante l’utilizzo della violenza, dell’anarchia o dei metodi marxisti classici. Si sostiene, al contrario, l’idea di rafforzare la lotta per la libertà partendo direttamente dal popolo, costruendo la coscienza della democrazia popolare e della libertà in quanto atto pubblico. Si dovrebbe dunque mirare a ridurre la dimensione dello Stato prima di avviare una prudente lotta contro di esso.
Alla ricerca di un sistema alternativo allo Stato
Come modello alternativo di correttezza e umanità, Öcalan ritiene sia necessario attuare un metodo di formazione maggiormente proteso verso la libertà, che sia democratico, partecipativo e collaborativo. Egli sottolinea quanto sia necessaria, in contrapposizione all’idea dello Stato centralista, una formazione più corretta e più umana, che distribuisca l’autorità tra i diversi poteri, che sia sempre varia, che rappresenti la volontà di tutti, che si basi anche sulla partecipazione di donne, giovani, identità alternative e rappresentanti di credi differenti, che sia multilingue invece che monolingue, pluralista e non monista. Questa formazione viene definita “confederalismo democratico”.
Il confederalismo democratico non è un’unione di Stati, nel senso classico del termine, bensì una formazione democratica partecipativa e paritaria, in cui le diverse fasce della popolazione, i generi, le identità religiose, i gruppi, le classi o gli strati sociali sono egualmente rappresentati. Non è un insieme di Stati diversi, come potremmo intenderlo noi, né un’unione di formazioni che si arrogano un potere divino e pertanto il diritto di essere autoritarie. Rappresenta diversi popoli, lingue e generi ed è perciò democratico. È la volontà comune all’interno della quale ognuno è in grado di esprimersi con la propria lingua, sostenere la propria cultura, praticare la propria politica in quanto popolo unito. Sostiene l’idea di libertà in quanto permette a tutti i popoli di diversi credi di essere in grado di organizzarsi, di esprimersi e di istituzionalizzare la loro vita. Appiana le differenze consuetudinarie insite nell’idea di Stato nazione.
È una forma di amministrazione democratica che si vuole unita contro la separazione generata dallo Stato-nazione che, in tutta la sua antidemocraticità, si esplicita in un negazionismo che considera la società tutta o bianca o nera.
Lo Stato-nazione è nemico delle differenze, si rifiuta, nega, è monistico e omicida, e perpetra il genocidio. Il confederalismo democratico, d’altra parte, è tollerante, democratico, libertario in quanto si colloca alla stessa distanza tra i diversi gruppi e classi.
Il diritto delle nazioni all’autodeterminazione è stato definito in modo errato e ormai superato. La concezione di nazione è stata confusa con l’idea della sovranità statale e nessun altro si è interessato a cercare un’altra definizione. Il carattere di libertà è stato attribuito unicamente a nazioni definite in quanto Stati.
Il confederalismo democratico è il mezzo per uscire dal caos in cui perversano gli Stati del Medio Oriente e del mondo intero. Esso trae la sua forza dal popolo stesso. Il fenomeno della sovranità statale è apparso poco tempo fa nella storia e non vi rimarrà, d’altronde, per sempre.
Il confederalismo democratico può essere la soluzione ai gravi problemi sociali e storici che affliggono il Medio Oriente. Le imposizioni del sistema capitalista e delle potenze imperiali non portano allo sviluppo della democrazia e, al contrario, ne abusano. Alla base è necessario che vi sia la prevalenza dell’opzione democratica e che essa si sviluppi in seno al volere del popolo. Questo sistema è tale da caratterizzarsi da una base di partenza sociale attenta alle differenze etniche, religiose e di classe.
Öcalan sottolinea che: “nel nostro mondo, complesso e caotico, l’unica soluzione è una politica democratica. Il rimedio alla violenza e alla guerra non è possibile sotto l’influenza di regimi dittatoriali. L’antidoto è una politica democratica, di cui il confederalismo democratico rappresenta la base su cui cominciare a lavorare”.
Abbiamo cercato di sottolineare quanto il confederalismo non sia una realtà aliena alla storia e quanto proponga una risposta migliore alla complessa natura delle interazioni tra esseri umani al giorno d’oggi. Abbiamo più volte sottolineato come una società possa esprimersi meglio moralmente e politicamente tramite una forma organizzativa federale e democratica. La politica democratica è appunto la struttura fondante del confederalismo democratico.
Non è possibile costruire una vita libera e democratica servendosi di una politica monistica, di un metodo unilaterale sordo alle pluralità di questo mondo, caratterizzato da un numero infinito di lingue e credi:
Il confederalismo democratico non solo ha il potenziale di superare i risultati negativi dello Stato nazione, ma è anche il miglior mezzo per politicizzare la società. La situazione è semplice e immediata. Ogni gruppo sociale, etnico, culturale, religioso, ogni movimento intellettuale, ogni unità economica e altre ancora possono ritrovarsi all’interno dell’organizzazione confederale democratica in maniera del tutto autonoma. Le nozioni di federalismo e autonomia dovrebbero essere valutate sotto questo punto di vista. Ogni individuo ha la possibilità di stabilire una confederazione partendo da una sfera locale, fino ad arrivare a quella globale. Il diritto di libera discussione e di decisione è l’elemento a fondamento della sfera locale. Ogni individuo dell’unità federale è considerato nella sua unicità, formatasi grazie al diritto alla democrazia partecipativa, o democrazia diretta. La sua forza poi, intesa nella sua totalità, deriva esattamente dall’applicabilità della democrazia diretta. Si spiega così il suo ruolo fondamentale come costitutivo della comunità. Mentre lo Stato-nazione è il rifiuto della democrazia diretta, il confederalismo democratico, invece, riveste il ruolo di costruttore e supervisore del suo corretto funzionamento.
Il confederalismo democratico non è un sistema né complesso né nuovo. La sua applicazione si è verificata, in realtà, più volte nel corso della storia dello sviluppo umano. I suoi germi sono ritrovabili nelle diverse lingue e credenze radicate nei sistemi di tribù, clan e imperi:
“Il confederalismo democratico non è un sistema amministrativo ascrivibile all’epoca moderna, ma è fortemente presente nella storia. È la storia, infatti, ad aver dimostrato molta più affinità verso un modello confederale che verso uno centralista. La ragione, invece, alla base del maggiore riconoscimento materiale conferito alla forma statale, è dovuta al suo carattere di estrema autorità. La vita sociale, tuttavia, si avvicina al modello del confederalismo democratico. Mentre continua a correre verso il centralismo, lo Stato si appoggia sempre più sugli interessi dei monopoli. Solo un rigido centralismo può diventare garante di tali interessi. In seno al confederalismo democratico è possibile, invece, realizzare l’esatto contrario. Esso ha bisogno di evitare il centralismo perché si basa sulla società e non sui monopoli.
Poiché le società non sono omogenee, ma costituite invece da molteplici comunità, istituzioni e diversità, il confederalismo democratico sente la necessità di formare e proteggere l’unità e l’armonia di tutti. A causa di questa moltitudine, uno Stato basato su un centralismo estremo provoca frequenti esplosioni sociali. La storia ne conta innumerevoli esempi. Il confederalismo democratico crea invece uno spazio di azione dove ogni comunità, istituzione e diversità ha migliori possibilità di sopravvivere. La ragione del suo mancato riconoscimento deriva dalla struttura e dall’ideologia egemonica della civiltà ufficiale. Storicamente, le società sono confederaliste di natura, sebbene questo fatto non abbia alcun riconoscimento ufficiale.”
“I clan, le tribù e gli altri gruppi che vivono ancora secondo la loro natura originale, realizzano infatti, a loro modo, un sistema confederale che li protegge dal rischio di essere inglobati all’interno di un sistema di amministrazione repressivo.
Tali forme di amministrazione, tipiche di clan, tribù e popoli, si ritrovano obbligate ad abbracciare tale modello confederalista per proteggere la loro autonomia interna e la loro esistenza. Politiche di autonomia locale e provinciale sono da sempre state parte nella storia dell’umanità e hanno giocato un ruolo importante per salvaguardare l’esistenza della società politica e morale. I popoli, che hanno vissuto in determinate aree del globo come montagne, deserti e aree boscose, hanno resistito con la loro politica autonoma e indipendente contro le forze della civiltà. Per questo motivo riteniamo che la tradizione del confederalismo democratico debba prevalere e ci sentiamo di sottolineare il fatto che la tendenza dominante in tutta la storia sia stata quella di resistere e non di arrendersi. Il mondo sembrerebbe oggi altrimenti più simile all’Egitto dei faraoni. Non è possibile commentare la storia senza prima rendersi conto del fatto che non esiste una sola località al mondo che non sia stata caratterizzata dalla resistenza e dalla politica. Se i popoli dell’America del Sud, dell’Africa e dell’Asia stanno ancora resistendo con tutti i loro meravigliosi colori e le loro culture, ciò è possibile proprio perché la loro storia sta accadendo proprio ora.
Il confederalismo democratico non dovrebbe essere applicato ad un’unica area, ad un Paese o ad una nazione, bensì a tutto il mondo:
Un confederalismo democratico mondiale: Asia, Africa, Europa e Australia sono le aree in cui il confederalismo democratico potrebbe essere messo in atto. La Federazione democratica del Medio Oriente, in particolare, potrebbe rappresentare un esempio d’azione molto significativo relativamente al caos attualmente in atto in Medio Oriente.
La modernità democratica non sta facendo una scelta arbitraria quando sceglie il confederalismo democratico come modello politico di base per far fronte alle complessità della società contemporanea. Tale scelta significa riunire sotto uno stesso cappello politico la natura politica e morale della società. È difficile capire il significato del confederalismo democratico se non si riesce a vedere che la società non è omogenea o monolitica. Gli ultimi quattrocento anni di quello che chiamiamo “modernità” sono testimoni di una sequela di genocidi commessi in nome dei più svariati valori (di natura culturale, religiosa e non solo) nei confronti della società multietnica, politicamente diversificata e in lotta per la sua autodifesa.
Il confederalismo democratico, invece, è la storia della irriducibilità delle formazioni politiche multiculturali e diversificate contro tutto il male che gli ultimi quattrocento anni hanno prodotto.
Alla mentalità universalistica dello Stato-nazione in continuo sviluppo, caparbiamente restia verso qualsiasi alternativa, e alle masse umane che, come branchi di animali, lo Stato-nazione si ripropone di creare, la modernità democratica risponde con una mentalità pluralista, aperta, forte di un metodo che vuole promuovere la società democratica.
Tale metodo si apre a diverse dimensioni politiche e multiculturali, contrarie all’idea del monopolio, aperte invece a tendenze ecologiche e femministe per risolvere i problemi sociali con soluzioni di interesse pubblico. Il confederalismo democratico della modernità democratica è l’alternativa contro lo Stato-nazione della modernità capitalista.
L’istituzione delle assemblee popolari
Nel descrivere il confederalismo democratico, Öcalan si riferisce ad un sistema che è organizzato dal basso verso l’alto, strutturato in sintonia con le masse, rappresentante della volontà del popolo e gestito dalla gente stessa. Il carattere locale di questo sistema risiede proprio nelle assemblee popolari. Tale è infatti un sistema che è espressione rappresentativa di tutte le fasce sociali della popolazione.
Le assemblee sono gli organi fondamentali del confederalismo democratico, in quanto ne rappresentano l’istanza legislativa più pura. Ognuno partecipa direttamente al sistema tramite l’elezione dei propri rappresentanti.
Le assemblee, che costituiscono la componente più alta dell’amministrazione e del volere pubblico, sono istituite a livello locale sulla base di commissioni elette a loro volta secondo necessità concrete, tramite la partecipazione diretta delle persone. Tali assemblee sono il modello principale dell’organizzazione in tutte le aree, città, stati, di donne, giovani e identità diverse.
L’assemblea è considerata come il modello principale dell’organizzazione. Il suo meccanismo prende forma su base democratica. Allo stesso tempo, ogni villaggio può essere costituito da più di un comune, così come può avere più di un’assemblea. Ogni città, distretto o quartiere è gestito da assemblee modellate a seconda delle necessità concrete. Anche il modello dell’organizzazione dello Stato e dei Paesi è modellato sulla base di esse.
I curdi, arabi, assiri, ezidi istituiscono le loro assemblee sulla base delle loro esigenze in ogni città in cui vivono. È attraverso di esse che riescono a far fronte ai loro problemi e riorganizzare le loro vite.
Anche donne e giovani o vari professionisti di cui la società ha bisogno (insegnanti, medici, giuristi ecc…) si organizzano così. Nel contesto dell’assemblea, affrontano la trattazione di tematiche sociali, linguistiche, culturali per trovare soluzioni concrete. Alcune problematiche economiche e sociali, alcune contraddizioni e disaccordi vengono risolti proprio attraverso queste commissioni volte alla pace e alla riconciliazione.
a cura di Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia