Alen, resa schiava dall’ISIS nonostante i suoi 9 anni d’età
Malgrado la sua giovane età, che non va oltre i 9 anni, è stata resa schiava dai mercenari dell’ISIS che l’hanno trattata brutalmente; malgrado le sofferenze, però, ha ancora dipinto un sorriso sul suo volto da bambina.
Gli Yezidi sono stati colpiti dagli attacchi del 15 agosto 2014, nel massacro compiuto dai mercenari del Daesh a Shengal e nel villaggio di Kojo (che si trova a sud di Shengal); gli uomini sono stati radunati e per la maggior parte immediatamente giustiziati, mentre donne e bambini sono stati rapiti e portati in Siria, in zone sotto il controllo dell’autoproclamatosi Stato Islamico, dove sono stati trattati in modo disumano: in particolare le donne, rese merce di scambio e schiave dei mercenari dell’ISIS.
Tra le famiglie Yezide rapite, quella della piccola Alen, formata da padre, madre e tre bambini. Per prima cosa, tre anni fa, i mercenari li portarono a Tabqa; dopo circa un anno, Alen fu separata dalla famiglia. L’originale nome curdo di Alen Ahmand fu cambiato dai mercenari con il nome arabo di “Aya”. La costrinsero, inoltre, a vestire il nero velo imposto sotto il pretesto della “legge islamica”.
La bambina, proveniente dal villaggio di Kojo, ci ha raccontato come viveva con i mercenari dell’ISIS: “Dopo che la mia famiglia fu portata via, portarono me da un emiro chiamato Abu Muhammad e lavorai a casa sua; quando mi stancavo, sua moglie mi picchiava per farmi continuare a lavorare.”
Alen non perse la speranza di tornare dalla sua famiglia: “Aspettavo sempre i miei genitori che tornassero a prendermi.”
Alen sogna di tornare a giocare con i suoi fratelli.
Alen dice: “Mi manca mio padre, mia madre e i miei fratelli e spero di ritornare dalla mia famiglia a giocare con loro, che sono tornati a vivere nel villaggio di Kojo vicino Shengal. Quando torno, voglio pure andare a scuola per imparare e frequentare la prima elementare.”
I combattenti delle SDF (Forze Democratiche Siriane), che hanno liberato Alen l’11 luglio, si stanno impegnando a rimandare la ragazzina dalla sua famiglia.