Bombe contro la libertà di stampa
Gli attacchi turchi contro i curdi hanno colpito soprattutto giornalisti, stazioni radio e giornali- Mervan Rojava sta davanti alle rovine di un’ex stazione radio a Karashok nel nord della Siria: »Vedete voi stessi, non è rimasto niente. Tutto quello che faceva parte del nostro media-center è distrutto.« Ancora alla fine della scorsa settimana da qui trasmetteva Radio Denge Rojava, una delle voci del movimento curdo nel nord della Siria. Mervan Rojava è giornalista e lavora per la stampa delle Unità di Difesa del Popolo (YPG). »Sono arrivati alle due di notte. Nel giro di un minuto siamo stati colpiti da circa dieci razzi, molti nostri amici sono rimasti feriti, alcuni sono caduti.« L’attacco di jet da guerra turchi di martedì è durato circa un’ora e mezza e anche postazioni militari delle YPG nelle vicinanze sono state colpite. Le bombe hanno ucciso più di 20 persone, tra loro tre reporter.
Contemporaneamente l’aviazione turca nel vicino Iraq ha attaccato presunte postazioni del PKK nella zona yezida di Sinjar. Anche qui tra i primi obiettivi: la radio Cira FM. »Otteniamo risultati migliori della tv o di Internet«, spiegata la redattrice dell’emittente ancora mercoledì scorso a gegenüber junge Welt.»Otteniamo risultati migliori della TV o di Internet«, spiegata la redattrice dell’emittente ancora mercoledì scorso a junge Welt. »Quando capita che non trasmettiamo per un’ora, la gente chiama in continuazione per chiedere che succede«, disse la giovane giornalista ridendo. Se sia ancora viva non lo sappiamo. I nomi delle vittime dell’attacco del 25 non sono stati ancora resi noti. Pubbliche sono invece le immagini del cratere causato dall’impatto. Dell’unico canale radio per il campo profughi yezida sull’altopiano di Sinjar non è rimasto niente.
Che i primi colpi dell’offensiva nuova e da tempo annunciata dal Presidente turco Recep Tayyip contro i territori nel nord della Siria(Rojava) e in Iraq puntino a emittenti radiofoniche e uffici stampa non è un caso. Anche Mervan Rojava, lui stesso lievemente ferito dalle bombe, crede a un modo di procedere mirato: »Hanno preso di mira in particolare il media-center, la tipografia e la stazione radio sono completamente distrutte, quello era il loro obiettivo principale.« Ritiene particolarmente perfido il fatto che delle bombe turche siano rimaste vittime persone che erano state ferite nella guerra contro »Stato Islamico« (IS): »Nella stampa lavorano molti amici e amiche che in precedenza sono rimasti feriti nei combattimenti. Dopo prestano servizio qui. Hanno qui in modo mirato, dove questi giornalisti svolgono il loro lavoro.«
Per Ankara silenziare la stampa YPG ha una rilevanza strategica, perché nel Paese non sono quasi rimasti corrispondenti occidentali. La stampa del Movimento Curdi quindi rappresenta quasi l’unico antipolo rispetto alla propaganda dei media turchi. Per avere sovranità interpretativa sugli avvenimenti, Erdogan elimina l’infrastruttura della stampa avversa e uccide i suoi reporter.
Altre parti nella guerra nella regione hanno agito in modo simile. Il 3 marzo 2014 combattenti del Partito Democratico del Kurdistan (KDP) sostenuto dalla Germania, a Khana Al-Sur in Iraq hanno ucciso la giornalista Nujiyan Erhan con fuoco mirato di cecchini. Nell’esercizio del suo lavoro alla fine di aprile a nordovest di Raqqa è morto il reporter dal fronte Xerib Welat, uno dei co-fondatori della stampa YPG, quando una mina della milizia jihadista »Stato Islamico« è esplosa vicino a lui. »Lui è diventato un esempio per tutto il lavoro della stampa libera e la rivoluzione nel Rojava«, recita l’epitaffio dei suoi colleghi.
di Peter Schaber Qamishlo