L’esito di questo referendum non ha legittimità
Ieri in Turchia si è votato sull’introduzione di un sistema presidenziale. I risultati provvisori dicono che oltre il 50% della popolazione ha votato “Sì”.
Fin dall’inizio era evidente che non si trattava di un referendum in condizioni eque e democratiche. Le persone hanno votato in un Paese dove le zone curde sono in stato di guerra. Dalla metà dello scorso anno questa guerra si è estesa a tutto il Paese. Da allora la Turchia viene governata dal Presidente Erdogan in modo dittatoriale in regime di stato di emergenza. Deputati e funzionari dell’HDP si trovano in carcere, i governi locali curdi sono in amministrazione forzata e l’intera popolazione è travolta da un’ondata di repressione senza precedenti. Nonostante tutto questo le persone nelle province della Turchia a maggioranza curda votando in media circa per il 70% per il “No” hanno assunto una posizione chiara di opposizione contro Erdoğan e il suo regime dittatoriale.
In particolare nello scorso anno lo Stato dell’AKP con il pretesto della “lotta al terrorismo” ha cercato di intimidire tutte le più diverse aree di opposizione con arresti di massa, licenziamenti, minacce, sanzioni economiche, tortura e molto altro. È in atto un regime della paura. Oltre alla repressione, attraverso i media omologati è stata messa in atto una manipolazione psicologica che per 24 ore al giorno ha trasmesso la propaganda dell’AKP.
Come alla vigilia delle elezioni del giugno 2015 sono stati consapevolmente evocati sentimenti nazionalisti, sia in forma di radicalismo verbale anti-occidentale che attraverso la caccia alle streghe contro tutte le aree sociali che non sono parte delle cerchie turco-sunnite. Questa coalizione AKP-MHP ha polarizzato il Paese sempre di più e reso così ancora più profonda la crisi sociale ed economica. Con questi presupposti una campagna per il “No” al referendum è stata resa praticamente impossibile.
Durante la giornata della votazione referendaria è stato riferito ampiamente di irregolarità che si sono verificate in particolare nelle aree di insediamento curde. In molte località le persone sono state costrette a votare in modo visibile; rappresentanti di lista e scrutatori dell’HDP sono stati cacciati dai seggi elettorali e/o arrestati; personale militare e soldati non hanno rispettato la distanza dai seggi prevista per legge determinando condizioni minacciose nei locali per le votazioni. Inoltre è stato riferito di schede già timbrate. Sono stati avvistati anche veicoli senza targa di fronte ai seggi.
Vogliamo affermare con chiarezza che un referendum svolto in condizioni simili non gode di alcun tipo di legittimità. Per noi risultato elettorale non significa altro che il fatto che continuare la resistenza politica per la democrazia, la libertà e la giustizia in modo più mirato e determinato.
La politica dittatoriale dell’AKP colpisce con la sua repressione aree sociali sempre più grandi e questo fa sì che la base per la lotta democratica sia più ampia che mai. Ci rivolgiamo all’opinione pubblica democratica, all’UE e al governo italiano perché fermino questi pericolosi sviluppi in Turchia che rappresentano anche un pericolo per l’intera regione. Siamo convinti che la follia dell’AKP possa essere fermata, se alle affermazioni fatte da varie aree seguiranno azioni concrete.
L’AKP ha perso da tempo ogni legittimità e questo non potrà cambiare neanche grazie al referendum.