L’anatomia del processo di soluzione curdo-turco -II-
di Amed Dicle- 15 Settembre 2013. Selahattin Demirtaş e Pervin Buldan si recano all’incontro di Imrali, Ocalan riferisce loro che si sta accingendo a valutare l’anno passato dall’avvio del processo. Una settimana prima di questo incontro, il 9 settembre, l’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) aveva dichiarato di aver fermato il ritiro delle forze della guerriglia, perché il governo del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) aveva sprecato mesi e non aveva fatto alcun passo per portare il processo alla sua seconda fase.
Quando Demirtaş aggiorna Öcalan a riguardo, la risposta di Öcalan è: “Lo so … lo valuterò”.
Abdullah Öcalan sostiene che il processo debba andare avanti con un taglio diverso, e che la situazione fino a quel momento è stata una situazione di dialogo, ma non è stato sufficiente, e continua:
“D’ora in poi definiremo questo processo come il processo dei negoziati. Se ci sarà. Dipende dal governo, l’ho detto loro verbalmente e in forma scritta. Se accettano, inizieremo il processo dei negoziati nel mese di ottobre.”
Sì, queste parole sono state pronunciate da Abdullah Öcalan, sull’isola di Imrali quasi due anni fa, il 15 settembre 2013. E naturalmente Ocalan approva la decisione del KCK riguardante il ritiro con le seguenti parole:
“L’AKP si diverte a rimandare le cose. Ho pensato che Qandil avrebbe fatto tutto il possibile entro il 1° di giugno (ovvero, il ritiro dalla Turchia). In qualità di leader in questo modo l’ho visto. Ma hanno anche motivi legittimi. Hanno (lo Stato turco) disposto trappole, costruito stazioni militari, ucciso gli abitanti dei villaggi e non hanno approvato una legge sul ritiro. In più, hanno costruito dighe per scopi militari. Qandil, giustamente, ha preso precauzioni.”
A questo punto, nel suo discorso, Ocalan si rivolge al comitato che rappresenta lo stato (turco) e dice:
“Caro rappresentante, quando ho parlato del 1 giugno per il ritiro (delle forze della guerriglia) ho pensato che sarebbe stata approvata una legge e che i guerriglieri si sarebbero ritirati in veicoli, lungo un percorso che avrebbe ridotto un mese di viaggio a 12 ore. Ora appaiono in televisione e dicono: “Ocalan ha parlato del 1 giugno ma l’organizzazione (KCK) non lo sta ascoltando.” Che cosa credevate che avrebbe fatto la guerriglia, che avrebbe messo le ali e si sarebbe ritirata? Come potrebbe ritirarsi? Se il governo fosse stato intelligente, il ritiro si sarebbe concluso il 1° giugno.”
In una riunione successiva, Ocalan criticava se stesso per la sua richiesta di ritiro senza che fosse approvata (in parlamento) la legge necessaria, e affermava che il governo aveva sfruttato e abusato di questo passo importante per una soluzione e aveva perso un’occasione.
Poco dopo questo incontro, Selahattin Demirtaş tenne una conferenza stampa per rivelare l’approccio di Ocalan al processo e criticare l’approccio superficiale del governo dell’AKP, per questo gli fu impedito di visitare ancora Öcalan mediante un ordine dell’allora Primo Ministro Erdogan.
Il piano d’azione che Ocalan aveva predisposto e che continuava a rivedere a seguito dei successivi incontri con le diverse parti, non veniva messo in pratica. Il processo non si era evoluto nella fase dei negoziati e il governo non stava prendendo nessuna misura affinché ciò accadesse. Al contrario, erano state costruite 189 nuove stazioni militari proprio nella zona di Hakkari e l’appalto per la realizzazione di centinaia di stazioni nell’area di Amed (Diyarbakir) e Dersim (Tunceli) era stato affidato a TOKI (l’Amministrazione per le Residenze Collettive – tenuta presso l’Ufficio del Primo Ministro turco). Nulla era stato fatto per la situazione dei prigionieri malati, cui Ocalan attribuiva molta importanza, ed erano state impedite persino le loro cure. I passi intrapresi da Ocalan e dal PKK per una soluzione furono considerati come una debolezza, mentre prendevano il via i piani per gli attacchi militari e politici. Le persone che resistevano a tali piani furono attaccate e i civili massacrati.
Il comitato del Partito Democratico dei Popoli (HDP) che teneva gli incontri con il KCK e a Imrali aveva reso pubblico il suo disagio e aveva dichiarato che il governo non stava realizzando alcun piano per la soluzione, bensì per l’annientamento. Ocalan era fermamente convinto che se il governo avesse portato avanti la gran parte del processo, allora sarebbe emersa un’alleanza curdo-turca dal caos del Medio Oriente e che questa sinergia avrebbe avuto un impatto estremamente positivo sulla regione. Tuttavia, se il processo non si fosse sviluppato e se avesse persistito una situazione di stallo, avrebbe potuto verificarsi una frattura importante, spiegava Ocalan al comitato HDP e dello Stato. Egli illustrava in modo dettagliato cosa doveva essere fatto affinché tale frattura non si verificasse e la guerra non si intensificasse.
Nel corso delle riunioni di settembre e ottobre 2013, Öcalan aveva insistito affinché “il processo continuasse secondo il nuovo orientamento”, e perché i passi da fare e le trattative iniziassero prima del Newroz 2014. Visto che il processo non avrebbe continuato nel modo in cui auspicava, il governo iniziò a mandare a Imrali, oltre al solito Comitato di Stato, un funzionario politico di alto rango, il quale garantiva che sarebbero state prese le misure politiche e giuridiche necessarie affinché il processo progredisse.
Ritenendo importante l’iniziativa presa dall’alto funzionario del governo AKP, Abdullah Öcalan si aspettava che il processo dei negoziati si avviasse nei mesi primaverili del 2014.
Tutti i dettagli furono negoziati, e il funzionario al suo ritorno da Imrali enfatizzò al suo governo l’impegno dimostrato da Öcalan per la pace.
Tuttavia, il processo non si è sviluppato come sperato.
Il governo dell’AKP affrettò i preparativi militari nel Kurdistan del Nord e, tramite organizzazioni come l’ISIS, si preparò all’attacco nel Rojava e soprattutto a Kobanê. Il loro obiettivo era di limitare le azioni delle forze di guerriglia nel Kurdistan del Nord e in Turchia, infliggere un colpo alle conquiste fatte in Rojava e tornare al tavolo di Imrali avendo il sopravvento per forzare le trattative.
Così, nel luglio 2014 è iniziata la prima ondata di attacchi contro Kobanê. Questi sono stati sconfitti, ma dal 15 settembre 2014 (dopo che l’ISIS aveva catturato le armi da Mosul) sono partiti gli attacchi più sconsiderati. A seguito della vigorosa resistenza di Kobanê, delle rivolte del 6-7-8 ottobre (nel Kurdistan del Nord e in Turchia) e delle azioni organizzate in tutto il mondo, tra cui la Giornata Mondiale per Kobanê del 1 novembre, lo stato ha cominciato a rivalutare la situazione. Era ormai chiaro che lo Stato non sarebbe stato in grado di ottenere quello che voleva dal processo che Ocalan aveva avviato per una soluzione democratica, ma che lo stava usando per reprimere la lotta curda per la libertà.
Mentre la guerra a Kobanê infuriava, il Consiglio di Sicurezza Nazionale turco (CSN) ha preso la decisione di “accelerare i preparativi per la guerra e attuare una guerra senza quartiere” il 30 ottobre 2014. Così Ocalan avrebbe chiesto alla commissione HDP che è andata a fargli visita nel mese di novembre “Cosa pensa Qandil (KCK) di tutto questo ?” La risposta del comitato HDP è stata: “L’amministrazione del KCK crede che il CSN abbia optato per una guerra totale”, a cui Öcalan ha replicato: “E’ così? Sì, lo penso anch’io. Il CSN ha deciso di avviare una guerra totale.”
Per annullare il concetto statale di guerra senza quartiere e spingere, anche se con poca speranza, per una soluzione, Ocalan ha sviluppato un nuovo piano di soluzione. In questo periodo stava mettendo in guardia lo Stato che: “Se fate cadere Kobanê io dichiarerò altri quattro cantoni nelle aree di Botan, Amed e Serhat.”
Per accelerare il processo, Ocalan ha preparato una bozza per i negoziati e l’ha presentata a tutte le parti nel mese di novembre 2014. Il documento, che consisteva di 4 titoli principali e 66 sottotitoli, è stato ritenuto idoneo da tutte le parti. I 10 articoli dichiarati nel Dolmabahçe il 28 febbraio sono stati una sintesi dei 66 titoli di questo progetto.
Secondo il progetto elaborato da Ocalan, tutti gli articoli dovevano essere negoziati. I negoziati dovevano concludersi entro il 15 febbraio. Se ci fosse stato un accordo, allora sarebbero stati adottati dei passi concreti.
La proposta di Ocalan riguardo alle misure concrete da adottare, era che fosse formata una commissione in parlamento. La responsabilità di questa commissione, che avrebbe incluso membri esterni al parlamento, sarebbe stata quella di indagare la verità. Ocalan chiedeva che questa commissione incontrasse lui, in primo luogo. Voleva discutere i motivi per cui il PKK aveva imbracciato le armi e le carenze e gli errori di entrambe le parti nel corso di decenni di guerra. Ocalan intendeva dichiarare il suo pensiero e la sua decisione riguardo alla “fine della lotta armata” durante questo incontro.
Se il processo dei negoziati si fosse concluso (positivamente) il 15 febbraio, e la commissione di cui sopra fosse stata formato, il PKK avrebbe riunito il suo congresso e dichiarato che la lotta armata contro la Turchia era giunta al termine; così era stabilito nel progetto di Ocalan per una soluzione.
Lo stato ha accettato questo progetto e continuato gli incontri. Una sala con un grande tavolo al centro è stata istituita. Ocalan, il comitato HDP (esteso) e il comitato dello Stato doveva sedersi attorno a questo tavolo. Anche il comitato di monitoraggio, che doveva essere formato da individui concordato da tutte le parti, doveva essere presente al tavolo e assistere al procedimento.
Il primo incontro di questo tavolo ha avuto luogo il 9 gennaio, 2015.
Per la prima volta, una riunione veniva compiuta attorno al grande tavolo rotondo che è stato messo nella sala di nuova costruzione della prigione di Imrali.
Alla riunione hanno partecipato Pervin Buldan, Idris Baluken e Sirri Sureyya Onder dall’HDP, una delegazione guidata da Muhammet Dervisoglu in rappresentanza dello Stato e Abdullah Ocalan.
Le osservazioni di apertura sono state fatte da Ocalan che ha iniziato dicendo: “Questo è un incontro storico. Una fase sta finendo e una nuova sta per iniziare. Stiamo intraprendendo una missione estremamente significativa. Dobbiamo fare in fretta. Sig. Dervisoglu, lei è un uomo del popolo, proprio come me, credo che risolveremo assieme il problema”.
Dervisoglu ha ricambiato i sentimenti di Ocalan e la riunione è iniziata.
Durante questo incontro sono stati discussi i contenuti e i dettagli tecnici del processo dei negoziati. Sono stati discussi i nomi delle persone che avrebbero preso parte al comitato osservatorio. Mentre la delegazione statale si lamentava di alcune dichiarazioni del KCK, Ocalan ha risposto dicendo che la riluttanza dello Stato nel prendere iniziative concrete stava rendendo le cose difficili. Ocalan ha detto che persino i prigionieri politici in condizioni di salute critiche non venivano liberati e che ciò non poteva essere utilizzato come leva nei negoziati. A questo punto la delegazione HDP ha ricordato a tutti un discorso pronunciato dal primo ministro Davutoglu che aveva dichiarato che era stato lui a intervenire e impedire che i prigionieri fossero liberati.
Nel secondo incontro, che è stato condotto nella stessa stanza con le stesse persone, si è convenuto che una dichiarazione congiunta sarebbe stata rilasciata al pubblico in modo che il processo potesse essere reso più trasparente. Una volta accordati su questo, sono iniziati i lavori sulla dichiarazione congiunta. L’HDP ha preparato una dichiarazione e l’ha presentata alla delegazione dello Stato. Successivamente, anche la delegazione dello stato ha predisposto un documento e lo ha presentato all’HDP. Questo documento, tuttavia, non conteneva nulla sui passi che dovevano essere adottati per favorire il processo, ma soltanto su come il PKK avrebbe dovuto disarmarsi. L’HDP ha presentato questo documento al KCK. Il KCK lo ha respinto. In un programma televisivo, Cemil Bayik ha replicato al documento dicendo: “Non dovrebbero prenderci in giro noi, non siamo bambini”.
L’HDP ha dichiarato che il documento dello Stato non coincideva con quello che era stato discusso attorno al tavolo dei negoziati con Ocalan nell’isola di Imrali.
Demirtas ha poi affermato che “l’AKP pretende che noi inganniamo Qandil e Ocalan”.
Il 27 febbraio 2015, è stato realizzato un’altro incontro a Imrali con l’obiettivo di superare la crisi della dichiarazione congiunta. E ancora le stesse persone si sono radunate intorno allo stesso tavolo. Ocalan ha letto sia il documento dell’HDP che quello dello Stato e discusso con entrambe le parti su come potesse essere trasformata in una dichiarazione congiunta. Più tardi, lo Stato e l’HDP hanno deciso di fare una dichiarazione pubblica il giorno successivo, il 28 febbraio. Questa dichiarazione congiunta è stata letta nel Palazzo Dolmabahce.
Vediamo l’opinione di Demirtas su quello che è successo in seguito:
“Avevamo anche chiesto che la dichiarazione congiunta preparata dal Sig. Ocalan venisse letta insieme. Quando la nostra delegazione si è recata lì [Palazzo Dolmabahce] c’era un piccolo problema con la disposizione dei posti. A questo proposito, la delegazione dello Stato ha chiesto a Erdogan. Erdogan è intervenuto e ha detto loro “non soffermatevi sui piccoli problemi come questo, fate l’annuncio”.
Quindi, anche se Erdogan è intervenuto e ha risolto anche il più piccolo problema tecnico, successivamente ha affermato di non sapere che veniva presentata la dichiarazione, e che credeva fosse una cattiva idea.
In ogni caso, la dichiarazione storica che è stata fatta il 28 febbraio ha reso di pubblico dominio i 10 articoli dell’accordo. Tuttavia, anche dopo la dichiarazione congiunta di Dolmabahce, il governo ha scelto di manipolare il documento e ignorare i 10 articoli, e si è concentrato solo sul disarmo.
Comunque, secondo gli incontri di Imrali, il processo doveva progredire in modo completamente diverso.
Ocalan doveva essere in grado di formare la propria delegazione per i negoziati. La delegazione dello Stato doveva, inoltre, cambiare in qualità; la delegazione doveva avere un qualche tipo di autorità decisionale.
Doveva, poi, essere costituita una delegazione di osservatori al fine di mediare su eventuali punti critici nei negoziati tra le parti. Questa delegazione di osservatori doveva anche monitorare le parti per vedere se agissero in conformità con le trattative.
Le parti dovevano negoziare ciascuno degli articoli del documento e impiegare persone specializzate che contribuissero a formulare articoli specifici.
Dovevano essere adottati provvedimenti legislativi sugli articoli concordati. L’ultimo degli articoli della dichiarazione congiunta riguardava gli emendamenti costituzionali.
Ad ogni modo, visto che la Turchia si stava approssimando alle elezioni, nessuno si aspettava che venisse adottata alcuna misura legislativa. Le aspettative del movimento curdo erano le seguenti: la sottoscrizione della dichiarazione da entrambe le parti, per alcuni passi che dovevano essere fatti prima delle elezioni e che il resto del processo fosse intrapreso dal nuovo parlamento.
Se il periodo dei negoziati fosse stato coronato dal successo, la commissione parlamentare fosse formata e gli incontri con Ocalan avessero continuato, allora l’ordine del giorno del congresso proposto dal PKK sarebbe stato stabilito.
Il governo non aveva nessuna road map per contrastare i notevoli passi fatti da Ocalan. Piuttosto, essi stavano cercando di contrastare politicamente gli sforzi di Ocalan. Non c’era quasi nessuna aspettativa su un governo che ancora non accetta i curdi come popolo che compiesse un qualsiasi passo sincero. Tuttavia, Ocalan diceva sempre che “dobbiamo acclimatare il governo alla pace”. Questo è il motivo per cui ha insistito sulla continuazione del processo.
Ocalan ha delineato il suo pensiero sulle elezioni e la lettera del Newroz in una riunione, il 5 aprile, tra lui e ambedue le delegazioni dello stato e l’HDP. I nomi di coloro che dovevano prendere il loro posto nel comitato osservatorio sono stati rivisti. Dopo il Newroz, la delegazione dello Stato, la delegazione HDP e Ocalan dovevano incontrarsi intorno al tavolo per iniziare ufficialmente il processo dei negoziati.
Tuttavia, questo è stato l’ultimo incontro con Ocalan.
In ogni caso, il tavolo delle trattative è stato rovesciato prima ancora del 5 aprile, quando il governo aveva dichiarato pubblicamente che non c’era nessun tavolo, nessuna trattativa e nessuna dichiarazione.