Notiziole fasulle e notizie vere dal Kurdistan siriano
Di Luigi Vinci – La Stampa è il solo tra i grandi quotidiani a dare spazio in questi giorni alle notizie che vengono dal nord della Siria, dove lo Stato Islamico sta subendo una batosta militare da parte delle Milizie Curde di Autodifesa (YPG) e da un gruppo di soldati dell’Esercito Siriano Libero, una delle poche formazioni non fondamentaliste rimaste a combattere contro il regime di Assad.
L’offensiva curda potrebbe addirittura liberare Rakka, la capitale in Siria dello Stato Islamico. I combattenti curdi siriani sono diventati beniamini mondiali, e la Stampa non è da meno tra quanti nell’universo mediatico li appoggiano. Le Milizie Femminili di Autodifesa (YPJ) del PYD sono state, in tutta evidenza, il migliore strumento di propaganda e di chiarificazione agli occhi del mondo di quel che la militanza politica e militare curda è nella sua interezza – un faro di massima civiltà in uno dei teatri più barbarici e micidiali del pianeta.
Viene ora a incrementare il riconoscimento mondiale della realtà curda Selahattin Demirtaş, presidente dell’HDP, quel partito curdo di Turchia che non solo nelle recenti elezioni politiche ha più che raddoppiato i voti alle formazioni curde che l’hanno preceduto, ma che ha pure saputo unire a sé la frastagliata sinistra turca e aprire le sue liste alla totalità delle minoranze etniche e religiose della Turchia, alle persone omosessuali, ai giovani e alle donne protagoniste delle rivolte a Istanbul, alle associazioni per i diritti umani, assegnando così un colpo politico micidiale alla feccia fondamentalista e autoritaria guidata dal presidente-canaglia turco Erdoĝan.
Ciò tuttavia non toglie che la stampa sia partecipe della censura o della manipolazione occidentali nei confronti della realtà curda. Va bene elogiare questa realtà, ma attenti a non esagerare: è un po’ questa la direttiva a cui la Stampa fa capo, il cui luogo di partenza è nel trattamento delle grandi questioni complicate da parte dei grandi media e dalle fondamentali agenzie di informazione statunitensi, per non parlare, ancor più a monte, delle veline del Dipartimento di Stato. Ecco dunque la chicca di quest’oggi sulla Stampa: le YPG vi sono indicate come l’“ala militare del partito curdo moderato” PYD. Il PYD, rammento, è strettamente legato al PKK, la storica gloriosa formazione politica e militare dei curdi di Turchia. Ho dato un occhio a qualche altro quotidiano, chi tratta gli scontri militari in questione usa esattamente la stessa formulazione. Continuamente, in sintonia con ciò, in questi mesi abbiamo ascoltato dalle televisioni o letto sui giornali di combattimenti contro lo Stato Islamico da parte dei peshmerga curdi, cioè delle milizie curde irachene, che rispondono a partiti curdi moderati, quando nella maggior parte dei casi si trattava delle milizie del PYD.
Fin qui le notiziole fasulle. La Stampa poi reca una notizia bomba, ovviamente in un microtrafiletto. Per la verità si tratta di una cosa che sapevano tutti i produttori di informazione del pianeta: ma è importante che cominci a filtrare, pur dimessamente, anche sui grandi media. Ecco la notizia: la conquista, a due passi dal confine turco, della città siriana di Tal Abyad (il risultato in questi giorni dei combattimenti delle YPG contro la Stato Islamico)rappresenta la conquista, scrive la Stampa, di un “punto di transito vitale per gli jihadisti. Da qui lo Stato Islamico si riforniva di armi, faceva passare i “foreign fighters” (i suoi rinforzi dall’estero), smerciava petrolio di contrabbando”.
Molte volte ho denunciato, qualcuno magari lo ricorderà, sulla scia delle notizie fornite da parte curda, i transiti in Turchia di militanti dello Stato Islamico su veicoli delle forze armate turche, gli ospedali turchi ospitanti i feriti dello Stato Islamico, l’infamia del blocco dei confini turchi nei confronti di quei curdi di Turchia che volevano andare ad aiutare Kobanê assediata (i soldati turchi sparavano su quei curdi che tentavano di passare dall’altra parte del confine, e uccidevano). Molte volte ho scritto che basta guardare la carte geografica del Medio Oriente per capire che il petrolio delle zone occupate dallo Stato Islamico non poteva essere venduto che in Turchia.
Ora la conferma viene addirittura da quella che con molta probabilità è una velina del Dipartimento di Stato. L’aviazione degli Stati Uniti sta partecipando attivamente all’offensiva militare curda in questione: l’Amministrazione Obama con questa velina dice chiaro alla Turchia di non azzardarsi a mettersi di traverso. Già nei giorni scorsi era circolata la notizia (poco o per nulla ripresa dai media italiani) di una dichiarazione statunitense che “osservava” come molta documentazione ormai provasse il passaggio di militanti dello Stato Islamico in Turchia mediante i veicoli delle forze armate turche.
Qualche altra osservazione. La conquista da parte curda della città di Tal Abyad restituisce a quasi tutto il Curdistan curdo autogovernato (a due dei suoi tre “cantoni”) continuità territoriale. Kobanê quindi non è più isolata rispetto non solo al cantone curdo orientale (territorialmente il maggiore) e alle sue città importanti (Hasakh e Qamishli), ma anche al Curdistan iracheno: con tanto di possibilità di ricevere armamenti, rinforzi, cibo, ecc. È anche utile rammentare come il frastagliamento del territorio curdo siriano sia stato il risultato del tentativo della sua arabizzazione da parte di Assad padre, a cui si accompagnavano fatti precedenti come il mancato riconoscimento ai curdi dei diritti linguistici e il rifiuto della cittadinanza della loro parte costituita dai discendenti di immigrati da altre zone dell’Impero Ottomano, principalmente dalla Turchia.
Ciò avvenne ai tempi della frammentazione di dell’Impero Ottomano seguita alla sconfitta subita nella prima guerra mondiale (la Francia si prese la Siria e il Libano, la Gran Bretagna la Palestina, l’Iraq e il Kuweit, ecc.). C’è quindi anche una legittimità storica della conquista di Tal Abyad: ma già da parte curda è stato dichiarato che la riconquista di Tal Abyad non dovrà portare all’allontanamento dei discendenti degli immigrati arabi. Dovrà avvenire invece ciò che già avviene nelle zone liberate del Curdistan siriano: dove alle sue istituzioni rappresentative e di governo accanto ai curdi prendono parte tutte le minoranze etniche e religiose. Giova rammentare anche come l’HDP curdo di Turchia abbia candidato alle recenti elezioni politiche e fatto eleggere figure di armeni, assiro-caldei, yazidi, georgiani, ecc.
Ultima osservazione. Nel quadro della straordinaria confusione della politica statunitense in Medio Oriente c’è che, nonostante le veline del Dipartimento di Stato parlino del PYD come di un partito “moderato”, esso, al pari del PKK, che a suo tempo bloccò l’attacco al Kurdistan iracheno orientato a conquistarne la capitale Erbil, mentre i peshmerga si squagliavano, continua a trovarsi dentro alla lista statunitense delle “organizzazioni terroriste”. PYD e PKK, cioè quasi gli unici combattenti efficaci nel contrasto a terra dello Stato Islamico, sono in questa lista! Non Erdoĝan, non il suo partito AKP! Naturalmente (quest’aggettivo è quanto mai appropriato) questa lista è condivisa dall’Unione Europea, e nessun suo governo fondamentale mostra di accorgersi di come a difendere l’Europa, facilissima da raggiungere dallo Stato Islamico, ci siano proprio quelli che essa pure bolla come “terroristi”. Ma che si sia in mano in Europa a irresponsabili buffoni non c’è più necessità di documentarlo, basta guardare al trattamento della Grecia, a quello dei migranti, all’insistenza su politiche di “rigore” impedenti la ripresa economica, ecc.